Dai 100mila mutuatari fuori dalla moratoria ai requisiti stringenti dei voucher, passando per i servizi domiciliari: il provvedimento copre solo in parte le necessità dei nuclei familiari
di Marta Casadei, Michela Finizio, Valentina Melis
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Famiglie chiuse in casa alle prese con i conti per arrivare a fine mese. Le spese da sostenere sono tante: generi di prima necessità, bollette, affitti o mutui, rate di finanziamenti attivi, spese condominiali e per chi ce l’ha, la busta paga della colf, badante o babysitter. Senza contare tutte quelle voci, sospese solo in alcuni casi o a macchia di leopardo (comunque non cancellate) che incidono sui bilanci familiari: tasse e tributi locali, rette scolastiche e universitarie (di strutture pubbliche o private), abbonamenti e altre spese extra. Le misure del Dl Cura-Italia coprono solo in parte queste esigenze e il Governo sta cercando di reperire risorse per dare risposte immediate.
Mutui e affitti
La moratoria sui mutui prima casa si rivolge a una platea molto ampia ma, al momento, esclude i circa 100mila titolari di prima casa che hanno acquistato tramite il Fondo garanzia, per lo più giovani coppie, a causa dell’impossibilità di cumulare le agevolazioni pubbliche. Eppure le garanzie emesse sono state autorizzate proprio perché le condizioni economiche dei mutuatari già non era sufficienti al momento della stipula. Inlcusi, invece, in corsa i neo proprietari che hanno acquistato da meno di un anno, inizialmente esclusi dalla moratoria.
Sul fronte degli affitti, invece, le risposte non sono immediate, al di là dello stop agli sfratti fino al 30 giugno. Nel frattempo il rischio di aumento della morosità è davvero elevato: per questo motivo, con decreto del ministero delle Infrastrutture e Trasporti, sono stati assegnati alle Regioni 46 milioni di euro da trasferire ai Comuni e a quegli inquilini, sia tramite versamenti diretti sia con il tramite delle Agenzie per l’affitto degli enti locali.
Il carrello della spesa e le bollette
Sempre tramite i Comuni passeranno anche i fondi, ben 400 milioni di euro già distribuiti dal Governo, per i buoni spesa da consegnare alle famiglie in grave difficoltà selezionate in primis sulla base delle graduatorie dei servizi sociali. In aiuto c’è anche la Carta famiglia che permette di accedere a sconti e agevolazioni su prodotti e servizi (per ora 107 esercizi commerciali): inizialmente pensata per le famiglie con almeno tre figli, è stata estesa a tutti i nuclei con un figlio under 26 convivente.
Mentre sui tributi locali ogni Comune ha deciso per sé, posticipando i termini o allungando le rateizzazioni, per quanto riguarda le bollette lo stop deciso dall’Arera già ai primi di marzo per gli 11 Comuni delle «prime» zone rosse (nel lodigiano e a Vo’, in Veneto) non è stato esteso al resto d’Italia nonostante il lockdown nazionale. È arrivata, però, una proroga che sospende i distacchi per morosità fino al 13 aprile.
Misure per i genitori
Anche le misure pensate per i genitori faticano a dare risposte efficaci. Per i congedi parentali straordinari pagati al 50% è richiesto che entrambe i genitori lavorino (in assenza di ammortizzatori sociali attivi) e la durata della misura fissata al 13 aprile, vincolata alla sospensione dell’attività scolastica, ostacola le famiglie nell’organizzazione delle prossime settimane. L’alternativa del voucher da 600 euro tramite libretto famiglia (mille euro per gli operatori sanitari) potrà coprire circa 60 ore di lavoro di una baby sitter e, se già contrattualizzata, dovranno essere ore aggiuntive a quelle già riconosciute.
La gestione del collaboratore domestico
Senza risposte immediate anche il lavoro domestico, che vede ben 860mila famiglie in Italia come datori (e altri 1,2 milioni di lavoratori in nero). Senza indicazioni univoche sul da farsi e senza ammortizzatori: colf, baby sitter e badanti sono escluse dalla cassa integrazione. Prevista solo la proroga al 10 giugno del versamento dei contributi relativi al primo trimestre. In queste prime settimane, secondo Assidatcolf, il 60% delle famiglie ha scelto di «lasciare a casa» la propria colf, mettendola in ferie (35%), in permesso non retribuito (9%). Solo il 13% ha scelto invece la sospensione extra feriale, accollandosi il pagamento dello stipendio pieno.