È uno dei tanti punti di attrito tra M5S e Lega. Ma il debito del Comune di Roma ha fatto litigare in passato anche centrodestra e centrosinistra. Una partita che si trascina dal 2008, quando per la prima vota è stata istituita la gestione commissariale per il debito pregresso della Capitale: un moloc da 12 miliardi che rischiava di far fallire la Capitale d’Italia. Ora il decreto crescita dovrebbe prevedere una norma per chiudere definitivamente la gestione commissariale.
Alemanno e la nascita della gestione commissariale
Tutto nasce nel 2008, con la storica vittoria del centrodestra alle comunali di Roma: Gianni Alemanno diventa sindaco dopo quasi 15 anni di dominio del centrosinistra. Il neosindaco si trova a fare i conti con un debito monstre di cui è anche difficile quantificare la cifra (si parla tra i 9 e i 10 miliardi), che rischia di paralizzare sul nascere la sua amministrazione. Per questo chiede aiuto al governo Berlusconi, che decide di intervenire con l’istituzione di una gestione commissariale.
La polemica Veltroni-Storace
Il predecessore di Alemanno, Walter Veltroni, non ci sta a passare come colui che ha scassato i conti della città e va al contrattacco: la “colpa” della crisi di liquidità del Comune di Roma è in realtà della Regione Lazio, in difficoltà per il deficit sanitario accumulato da 10 miliardi in prevalenza tra il 2000 e il 2005 (durante la giunta di centrodestra di Francesco Storace). La Regione – accusa Veltroni – non versa da due anni i contributi che deve al Campidoglio (un miliardo). In più pesano i tagli dei trasferimenti statali e l’abolizione dell’allora Ici. Senza considerare, spiega ancora l’ex sindaco, che il 48% del debito è stato contratto prima del 2001, a seguito del ripiano del deficit del trasporto pubblico durante gli anni 80 e 90.
Dallo Stato 300 milioni, 200 li pagano i romani
Con la nascita della gestione commissariale nel 2008, il debito di Roma viene in sostanza diviso in due: le passività antecedenti al 28 aprile 2008 passano in capo alla gestione di un commissario governativo, che avrà il compito di azzerarle in un arco di tempo che va fino al 2048. Quelle successive a quella data restano in capo al Comune di Roma (oggi siano arrivati a 1,2 miliardi, una cifra ampiamente sostenibile per il bilancio ordinario). Il commissario, per questo compito, avrà ogni anno a disposizione 500 milioni: 300 vengono direttamente dal governo, 200 invece li pagano direttamente i romani, in parte con un aumento dell’addizionale Irpef di 0,4 punti percentuali e con un’addizionale sui diritti d’imbarco dei passeggeri sugli aeromobili in partenza dagli aeroporti della città.
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Debito pregresso a 12 miliardi
A provare a mettere un punto fermo sul debito pregresso della Capitale è nel 2016 il commissario Silvia Scozzese: la cifra in capo alla gestione governativa è pari a 12 miliardi (3,2 di natura non finanziaria, come i debiti commerciali per i ritardati pagamenti, e 8,8 di natura finanziaria, come i mutui). Ma Scozzese mette in luce anche aspetti inquietanti: «Né i piani di rientro del debito di Roma Capitale finora redatti, né il documento di accertamento definitivo del debito – ha detto Scozzese – sembrano contenere una ricognizione analitica e una rappresentazione esaustiva della situazione finanziaria da risanare antecedente al 2008. Attualmente per il 43% delle posizioni presenti nel sistema informatico del Comune non è stato individuato direttamente il soggetto creditore».
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