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Nel 2018 il debito pubblico è stato complessivamente rivisto al rialzo di 58,3 miliardi al 134,8 per cento del Pil dal 132,2% stimato in precedenza. Lo comunica Bankitalia in una nota, completando così le revisioni dei conti
pubblici avviate in mattinata dall’Istat. Bankitalia precisa comunque che: «La revisione non ha alcun impatto sulla valutazione della sostenibilità delle finanze pubbliche. Gli interessi maturati annualmente sono sempre stati considerati nel conto economico delle amministrazioni pubbliche e pertanto la nuova contabilizzazione non implica revisioni per l’indebitamento netto». La precisazione riguarda la «revisione delle stime del debito delle amministrazioni pubbliche alla luce del nuovo manuale dell’Eurostat» . Se le revisioni di Bankitalia sul debito/Pil determinano un aumento del rapporto anche negli anni precedenti, nello stesso tempo aggiornano in positivo la loro dinamica nel tempo. Prima della revisione il rapporto debito/Pil risultava in crescita dal 131,6% del 2015 al 132,2% del 2018, ora invece la dinamica è decrescente: dal 135,3% ricalcolato per il 2015 al 134,8% del 2018. La revisione, eseguita in applicazione delle nuove metodologie di calcolo introdotte da Eurostat, riconteggia nel debito anche gli interessi maturati (ma non ancora pagati) del Buoni postali fruttiferi, titoli emessi fino al 2001, e tiene conto dell’ampliamento del perimetro della Pa eseguito da Istat lo scorso aprile (tra l’altro includendo Rete ferroviaria italiana Spa). In una nota il ministero dell’Economia ha sottolineato che il rapporto debito Pil scenderà, a partire dal prossimo anno, più velocemente del previsto con l’arrivo a scadenza dei Buoni fruttiferi postali appena inclusi nel calcolo. «Considerato il profilo delle scadenze di capitale e interessi dei Buoni postali, con volumi più elevati nel 2020-2024, questo dovrebbe contribuire ad una discesa più rapida del rapporto debito/Pil nello stesso periodo, pur partendo da un livello iniziale più elevato» si legge in una nota.
I nuovi conti economici nazionali Istat comunicati in prima mattinata, a loro volta, non cambiano granché la narrativa di un’economia italiana che tra il 2015 e il 2018 è uscita con un passo molto lento dalla recessione. Nel quadriennio seguito all’ultima caduta del prodotto nazionale la crescita cumulata è stata del 4,6% (contro il 4,7% stimato finora).
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Le notizie più significative che arrivano dalla revisione generale dei Conti economici nazionali, esercizio effettuato insieme con gli altri istituti di statistica europei a cinque anni dal precedente legato al passaggio alla contabilità SEC 2010, parlano piuttosto di un lievissimo ribasso della crescita del Pil 2018 dallo 0,9% allo 0,8% e un peggioramento dell’indebitamento netto, ora al 2,2 (dal 2,1 comunicato in aprile; confermato al 2,4% il deficit/Pil del 2017). Un miliardo in più di disavanzo che avrà un effetto sul rapporto debito/Pil, fotografato al 132,2 lo scorso aprile e che oggi Banca d’Italia ha aggiornato avendo i nuovi dati disponibili di contabilità nazionale.
Che poco è cambiato dopo questa manutenzione straordinaria dei conti lo dice la serie dei tassi di crescita del Pil: nel 2015 +0,8% contro il +0,9% precedente, nel 2016 +1,3% dal +1,1% precedente, nel 2017 invariato al +1,7%. Nel 2014 la crescita è invece stata nulla e non dello 0,1 per cento come finora stimato.