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Deficit verso il 7-8% per un decreto Aprile da oltre 60 miliardi

Cifre inevitabili in quella che si profila ormai come la crisi più dura del Dopoguerra, ma impensabili fino a qualche settimana fa. Nessuno ovviamente in questa fase mette il contenimento del deficit fra le priorità. Ma numeri di questo tipo sono benzina sul fuoco delle paure per i rischi che corrono i conti pubblici.

Si spiegano così le tensioni interne alle istituzioni comunitarie per superare lo stallo, materializzate nel rilancio del commissario all’Economia Paolo Gentiloni secondo cui «questo è il tempo delle scelte» e «il piano per la rinascita, con il Recovery Fund per finanziarla, non può aspettare che tutto sia finito». Fretta condivisa anche dal presidente dell’Eurogruppo Mario Centeno.

Ma si spiega così anche perché il Mes riveduto e corretto dal preaccordo dell’Eurogruppo continui a rappresentare una mina innescata sotto il terreno della maggioranza. «Non lo useremo», ha ribadito ieri Misiani in linea con le parole di Gualtieri nei giorni scorsi. Ma tanto è bastato per far partire l’attacco di Italia Viva: «In quale riunione di maggioranza è stata presa questa decisione populista?», chiede il responsabile economico dei renziani Luigi Marattin. Che invoca «un microscopio ad altissima risoluzione» giudicandolo ormai necessario «per cogliere le differenze fra Pd e M5S».

È in questo clima che la maggioranza dovrà cercare un identikit condiviso per il decreto Aprile. Molti dei suoi interventi sono di fatto obbligati, dai 30 miliardi (di saldo netto ma non di deficit) delle garanzie ai 15 indispensabili per gli ammortizzatori sociali e il sostegno al reddito, fino agli almeno 2-3 miliardi per continuare a sostenere sanità e Protezione civile.

Ma altri dossier sono da definire, spesso incrociati fra loro. Comuni, Province e Regioni sono sul piede di guerra, il governo ha assicurato un trasferimento aggiuntivo e le ipotesi arrivano fino a 5 miliardi di euro. Ma nel Pd si punta a far passare dai Comuni anche un nuovo round di aiuti alle famiglie in difficoltà, battendo il sentiero avviato con i 400 milioni della «solidarietà alimentare». Mentre per i Cinque Stelle la via da seguire è il «reddito di emergenza», che i Dem derubricano come allargamento a colf, badanti, stagionali e lavoratori discontinui dei sostegni avviati con il decreto Marzo.

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