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Dl aprile: il 22 deficit e Def. Nel piano via le clausole Iva

gli interventi – conti pubblici

Slitta l’esame del governo sul disavanzo extra per finanziare le misure anticrisi. Nel programma di finanza pubblica in cantiere l’addio agli aumenti automatici presenti dal 2011

di Marco Rogari e Gianni Trovati

19 aprile 2020


3′ di lettura

Continuano gli smottamenti nel programma degli interventi anticrisi. La relazione per chiedere al Parlamento il deficit aggiuntivo necessario a finanziare il decreto Aprile arriverà in consiglio dei ministri solo mercoledì, e non domani come da precedente previsione. E ci arriverà insieme al Def, che avrà il compito di offrire la prima radiografia ufficiale della recessione. Sarà con tutta probabilità un Def leggero, limitato cioè al 2020-2021, ma dovrebbe riservare una sorpresa importante: l’archiviazione delle clausole Iva che dal 2011 inchiodano con il loro peso (crescente negli anni) le manovre italiane di finanza pubblica. Solo per l’anno prossimo valgono 20,1 miliardi.

In quest’ottica, un documento spesso trascurato dai non addetti ai lavori come il Def di aprile diventa la chiave di volta nella gestione di uno dei passaggi più delicati per i conti dello Stato. Perché mercoledì è la vigilia del Consiglio Europeo che dovrebbe pronunciare una parola definitiva sulle contromisure comunitarie al crollo economico da Coronavirus. Ma le incertezze sulle declinazioni pratiche del Recovery Fund insieme alle agitazioni italiane sul Mes, fino alle minacce di veto ventilate la settimana scorsa dal premier Conte, complicano i pronostici sull’esito dell’Eurosummit. E l’Italia, ancora una volta al centro della scena per il suo maxidebito in volo verso il 155,5% secondo l’Fmi, punta con il Def a offrire qualche rassicurazione ai mercati anche contando sull’effetto rimbalzo che nel 2021 dovrebbe ridurre il debito dopo l’esplosione di quest’anno. Un’indicazione importante, mentre si chiedono al Parlamento almeno 40 miliardi di nuovo disavanzo per finanziare la replica delle misure di marzo e i nuovi interventi, dai fondi a Regioni ed enti locali alle assunzioni in sanità, dal bonus figli ipotizzato dal ministero della Famiglia fino al possibile avvio di aiuti a fondo perduto per gli autonomi più in crisi. Numeri e misure del prossimo decreto sono ancora in movimento, e potrebbero finire a ore sul tavolo della cabina di regia economica al Mef. La contemporaneità con il Def, poi, porta a basare i calcoli sul Pil rivisto al ribasso nel nuovo Documento: per cui la dote extra dovrebbe attestarsi intorno al 2,3-2,5% del Pil, complici le difficoltà incontrate fin qui dal tentativo di liberare dai vincoli regionali i fondi Ue non spesi della vecchia programmazione.

Proprio il rimbalzo atteso quando i motori dell’economia potranno riattivarsi davvero offre un argomento decisivo per l’accelerazione sul Def, che nel quadro tendenziale (a legislazione vigente) terrà conto del decreto di marzo e di quello sulla liquidità, e nel programmatico dovrà considerare anche gli effetti del decreto Aprile, senza dimenticare i possibili aiuti europei. Disegnando una curva del disavanzo in netto rialzo quest’anno, anche oltre l’8%, ma in rapido recupero il prossimo. Una dinamica del genere, in un quadro di sospensione delle regole puntuali del Patto Ue con l’attivazione della clausola di fuga, aiuta ad archiviare gli aumenti dell’Iva che sul 2021 valgono intorno all’1,1% del Pil.

Si tratta di un mattone in più sul deficit, certo, assorbito però da un contesto di ripresa: l’unico in grado di far archiviare il problema in un Paese che in autunno non sarebbe ovviamente in condizione di sostenere aumenti ’Iva o arrampicarsi in coperture alternative. Lo slittamento della relazione con il deficit stringe però il percorso verso il nuovo decreto. A questo punto il via libera parlamentare alla richiesta di disavanzo dovrebbe arrivare venerdì alla Camera e al Senato, ma è complicato prevedere la stessa data per il Def che ha bisogno di audizioni. La chiusura dei lavori potrebbe allora scivolare all’inizio della settimana successiva, quando è atteso in extremis anche il decreto Aprile. Per evitare il rischio di trasformarlo d’emblée in un «decreto Maggio».

 

 

 

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