Anche il presidente di Confindustria ammette che non sono i decimali imposti dalla lega alcolica di Bruxelles capitanata da kapò Juncker che contano, ma la crescita dell’economia. Occhio però, avverte, al costo del denaro
Dopo gli attacchi al decreto Dignità, le conseguenti minacce del vicepremier Luigi Di Maio di far uscire dall’associazione le partecipate dallo Stato e l’ultimo, contestato dal Pd, endorsement alla Lega, il presidente di Confindustria, Vincenzo Boccia tende un ramoscello d’ulivo, condizionato, al governo e alla cosiddetta manovra del popolo. “Il problema non è se il governo sfonda di un punto o meno ma che lo sforamento comporti la crescita dell’economia”, ha evidenziato, “se si parte dagli effetti sull’economia della crescita puoi anche sforare, se questo comporta una riduzione del debito e riflessi sull’economia reale”. Boccia chiede al governo “attenzione al costo del denaro: se aumenta lo spread, lo pagano le famiglie, le imprese e lo stesso Stato italiano”. Qualche dubbio anche sulla revisione della Fornero. “Non è automatico che se si esce a quota 100 entrano dei giovani” perché non è automatico “trovare profili professionali al pari di chi esce”. Una riflessione anche sul reddito di cittadinanza che non si deve trasformare in un disincentivo al lavoro. Insomma Confindustria ha lanciato un messaggio di “sfida positiva al governo, sapendo che in politica come in economia ci si misura sugli obiettivi”. Confindustria, ha detto il presidente Boccia, “con senso di responsabilità nei toni e nel merito, si rivolge alla politica italiana tutta, al governo del Paese: cercando di essere coerenti ed esemplari tra il dire e il fare e costruendo anche con delle criticità, ma nei modi che abbiamo visto oggi e apprezziamo molto, a partire da quelli del ministro Tria che ci auguriamo in futuro possano essere parte dell’intero suo governo”. “Pur non andando d’accordo come oggi su alcuni punti”, l’auspicio di Boccia è che “ci si possa confrontare serenamente perché il nostro obiettivo è non far fare danni al Paese, che non si incrementi lo spread e si cresca”.
Certo, il rapporto del Centro Studi di Confindustria sulle previsioni economiche e finanziarie italiane (tagliate le stime del Pil 2018 all’1,1% e allo 0,9% nel 2019) non è in sintonia con le misure del governo M5S e Lega. Si va dal rischio di aumento di tasse, alla ricerca delle coperture della manovra, dalla non condivisione dei condoni fiscali alla difesa della legge Fornero. In particolare, dicono gli economisti di viale dell’Astronomia, con le misure del governo si rischia un aumento futuro delle tasse. Infatti l’aumento del deficit serve per avviare parti del contratto di governo di sostegno al welfare, misure molto difficili da cancellare se non in situazioni emergenziali. “Se gli operatori sono razionali e percepiranno questa maggiore spesa pubblica come permanente, si aspetteranno tasse più alte in futuro, aumentando di conseguenza il risparmio. Si rischia di disincentivare il lavoro dipendente e aumentare il ricorso al lavoro nero. Molto però dipenderà da come saranno disegnati il reddito di cittadinanza e l’intervento sulle partite Iva. L’aumento del deficit è comunque poca cosa rispetto agli impegni assunti. Se le coperture non saranno ben definite si rischia ex-post un rapporto deficit/pil più alto”. La reazione del Governo alle affermazioni di Boccia e alle previsioni del CsC non si fa attendere. Se il ministro dell’Economia, Giovanni Tria, presente in viale dell’Astronomia, elogia il lavoro definendolo “eccellente” perché “descrive bene la fase di rallentamento” dell’economia italiana e internazionale. Il vicepremier Luigi Di Maio manda a dire agli industriali che il governo non torna indietro “sulle misure del contratto di governo” mentre l’altro vice presidente Matteo Salvini è sicuro che “stupiremo anche Confindustria”. “Puntiamo alla crescita”. L’obiettivo, afferma, è “ridurre il debito e il deficit. Più la gente lavora, più paga le tasse”.
Fonte: Agi