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Emergenza Covid e lavoro, l’occupazione femminile rischia un nuovo stop

Istat: ad aprile -274mila occupati, boom di inattivi, +746mila

La partecipazione al mercato del lavoro è scesa dal 65,1% di febbraio al 64,3% di marzo. Alert anche di Bankitalia: la necessità di cura dei figli in età scolare potrebbe precludere o limitare la regolare continuazione dell’attività lavorativa

4 giugno 2020


2′ di lettura

La crisi sanitaria potrebbe penalizzare, ancora una volta, l’occupazione femminile, che rischia un nuovo “passo indietro”, risultando molto complessa, per le mamme, la conciliazione vita-lavoro con le scuole chiuse dal 5 marzo.

Il tema è estremamente delicato, visto che già il nostro paese ha un tasso di occupazione femminile al 48,9%, circa 20 punti in meno rispetto al tasso di occupazione maschile (ad aprile 67%), e fanalino di coda Ue. E in questi mesi, a causa dell’emergenza Coronavirus, la situazione potrebbe peggiorare visto che le conseguenze dell’epidemia e i provvedimenti adottati per contrastarla hanno scoraggiato la partecipazione al mercato del lavoro, scesa dal 65,1 per cento di febbraio al 64,3 di marzo: nonostante le consistenti perdite occupazionali e il tasso di disoccupazione crollato, con il contestuale rialzo dell’inattività.

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L’allarme di Bankitalia

A lanciare il sasso nello stagno è la recente relazione annuale di Bankitalia. L’andamento delle ricerche di lavoro condotte attraverso il motore di ricerca Google, un indicatore che anticipa le variazioni del tasso di disoccupazione, ha mostrato un calo significativo in concomitanza con il varo di misure di sospensione delle attività, è scritto nel documento di palazzo Koch. Un impulso negativo alla partecipazione, in particolare quella femminile, potrebbe giungere anche dai provvedimenti di chiusura delle scuole. La necessità di cura dei figli in età scolare potrebbe precludere o limitare la regolare continuazione dell’attività lavorativa dei genitori nei nuclei con un solo adulto e nelle coppie in cui entrambi i componenti sono occupati: in quest’ultimo caso potrebbero abbandonare l’impiego o ridurre l’orario di lavoro soprattutto le madri, che tipicamente percepiscono un reddito inferiore.

Le famiglie con almeno un bambino di età minore di 14 anni e in cui entrambi i genitori lavoratori sono circa 3 milioni: in poco più del 40 per cento dei casi (1,3 milioni di nuclei) almeno un adulto potrebbe svolgere le proprie mansioni lavorative a distanza conciliandole con le esigenze familiari, seppure con difficoltà e con significativi rischi di perdita di produttività.

Tendenze demografiche sfavorevoli

Di più, c’è anche il fatto che le tendenze demografiche non sono favorevoli: pur tenendo conto dell’apporto dell’immigrazione (stimato dall’Eurostat in circa 200mila persone in media all’anno), la popolazione di età compresa tra 15 e 64 anni si ridurrà di oltre 3 milioni nei prossimi 15 anni. Il contributo dell’occupazione femminile sarà quindi decisivo assieme all’allungamento della vita lavorativa. Il punto è che per riportare la dinamica del prodotto intorno all’1,5 per cento (il valore medio annuo registrato nei dieci anni precedenti la crisi finanziaria globale) servirà un incremento medio della produttività del lavoro di poco meno di un punto percentuale all’anno. Un obiettivo importante, e senza anche il contributo del lavoro femminile difficilmente si riuscirà a centrare.

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