L’emergenza carenza medici intanto legittima ricette di ogni tipo: oltre ai semplici laureati (abilitati) in corsia – operativi nell’ambito di un’équipe che ne garantisca l’attività – il testo che le Regioni stanno mettendo a punto prevede nella sua prima versione incarichi libero-professionali sia per medici specialisti sia per dottori non ancora specializzati (fatte salve le discipline più delicate come Anestesia, Medicina nucleare, Radiodiagnostica e Radioterapia, dove servirà la specializzazione). E ancora, consente alle Regioni con i conti a posto di stanziare soldi in più per il professionista (medico o infermiere) disposto a impegnarsi in attività particolarmente gravose o a prestare servizio in zone disagiate. Non solo: nei casi in cui non sia possibile coprire i fabbisogni di personale medico e veterinario, per un periodo limitato le aziende Ssn potranno chiedere a medici e veterinari a rapporto esclusivo prestazioni orarie aggiuntive (guardie escluse), fermi restando i vincoli sulla spesa per il personale. Via libera poi – sempre «per far fronte nel breve periodo alla carenza di specialisti» – alle deroghe all’orario settimanale di lavoro in linea con quanto consentito dalla direttiva 2003/88/CE. Fermo restando che per l’eventuale deroga seve il consenso individuale del lavoratore.
C’è poi un captiolo dedicato agli interventi strutturali. La possibilità di utilizzare le graduatorie anche per l’assunzione di idonei non vincitori e nei limiti del fabbisogno triennale di personale (qui serve una modifica di legge) e l’approvazione dei nuovi regolamenti per snellire le procedure di concorsi Ssn sono le prime soluzioni di lungo respiro. C’è poi la questione dei fabbisogni, su cui già il precedente governo aveva cominciato a lavorare. Qui la prospettiva è di allargare le maglie delle assunzioni possibili: le Regioni chiedono di alzare ancora il tetto di spesa per il personale, al di sopra di quel +5% del Fondo sanitario previsto dal decreto “Calabria” che ad aprile scorso aveva sbloccato dopo dieci anni il turnover.
Poi c’è il delicatissimo tema della formazione, con l’adeguamento della durata dei corsi di laurea in Medicina e chirurgia e dell’ordinamento delle scuole di specializzazione alle regole dei principali paesi Ue. Una partita apertissima con l’Università, ma che secondo le Regioni consentirebbe, accorciando i tempi della formazione con una laurea abilitante in cinque anni, di avere prima a disposizione professionisti formati e di liberare risorse da destinare all’aumento delle borse di specializzazione.
E chi la borsa l’ha già conquistata? Se per gli specializzandi al IV e V anno si tratta di attuare il decreto Calabria, che ne consente l’assunzione nel Servizio sanitario nazionale, le Regioni propongono per tutti un contratto a tempo determinato di “specializzazione e lavoro” nelle aziende dove presteranno servizio con un progressivo aumento di autonomia e responsabilità. E nella formazione specialistica varrà il “teaching hospital”: università e aziende ospedaliere accreditate, dove il medico effettui il proprio training formativo come dipendente, andranno a braccetto.