Il percorso che potrebbe condurre il 9 luglio l’Ecofin a confermare la procedura per debito eccessivo ai danni dell’Italia, proposta dalla Commissione Ue, registra oggi l’ennesima tappa, con la riunione dell’Eurogruppo in Lussemburgo. L’avvio effettivo della procedura di infrazione avverrà se non sarà raggiunto un accordo tra Commissione Ue e Governo italiano sulle misure necessarie per rimediare alla mancata riduzione del debito nel 2018 e per assicurare che nel 2019 e nel 2020 sarà assicurata una diminuzione del debito/pil in linea con il Patto di stabilità.
Un mese di tempo per l’Italia
L’Italia ha meno di un mese per mettersi in regola ed evitare la procedura di infrazione, che può portare fino a sanzioni pecuniarie nei confronti dell’Italia pari allo 0,2% del Pil, cioè fino a 3,6 miliardi. Alle porte c’è dunque un serrato negoziato con Bruxelles.
Le richieste di Bruxelles
Le posizioni restano distanti, dunque. Nelle raccomandazioni paese sui provvedimenti da adottare nel 2019 e 2020 Bruxelles chiede prima di tutto di assicurare una riduzione in termini nominali della spesa pubblica primaria netta dello 0,1% nel 2020, corrispondente a un aggiustamento strutturale annuo (cioè al netto dei cicli della congiuntura economica e delle misure una tantum) dei conti pubblici dello 0,6% del Pil. Cifre lontane dagli annunci su tagli alle tasse in deficit fatti da Salvini e non solo nelle scorse settimane.
Ridurre il rapporto debito-Pil
La commissione chiede anche di utilizzare entrate straordinarie per accelerare la riduzione del rapporto debito pubblico/Pil. Moscovici aveva evocato esplicitamente nei giorni scorsi la necessità di una «manovra correttiva». Un’ipotesi esclusa dai ministri Salvini e Di Maio. È la stessa Commissione ad evidenzare come la curva del debito presupponga proventi da privatizzazioni pari all’1 % del PIL nel 2019 e allo 0,3 % nel 2020, aggiungendo pero che «negli ultimi anni gli obiettivi in materia di privatizzazioni non sono stati raggiunti». E i passati richiami alle rinazionalizzazione da partre dei leader del governo gialloverde non sono certo in invito al dialogo con Bruxelles.
Il nodo delle cifre da presentare a Bruxelles
Sono le cifre da presentare a Bruxelles il vero nodo politico nel Governo. Perché il ministro dell’Economia Tria vuole portare sui tavoli europei un deficit 2019 in riduzione verso quota 2-2,1%, e per arrivarci è indispensabile destinare a questo obiettivo le minori spese per reddito di cittadinanza e quota 100. E, soprattutto, è necessario confermare il taglio del disavanzo dello 0,3% per l’anno prossimo, che farebbe fermare l’asticella del deficit all’1,7-1,8 per cento. Oltre alla riduzione del deficit, va progettata poi anche quella del debito, che la Ue stima in volata oltre quota 135%.
Il nodo della spending review
Per centrare gli obiettivi scongiurando l’aumento dell’Iva da 23 miliardi serve una dose massiccia di spending review e il riordino delle spese fiscali, che quindi difficilmente potrebbero coprire anche la riforma dell’Irpef. Di qui l’indisponibilità all’idea di Salvini di finanziare in deficit la tassa piatta.
Dal taglio del cuneo alla concorrenza
Nè vanno dimenticate le altre richieste di Bruxelles. Tra queste: spostare la pressione fiscale dal lavoro (in questo senso c’è convergenza con la proposta di Di Maio di tagliare il cuneo fiscale), in particolare riducendo le agevolazioni fiscali e riformando i valori catastali non aggiornati; contrastare l’evasione fiscale, in particolare nella forma dell’omessa fatturazione, potenziando i pagamenti elettronici obbligatori anche mediante un abbassamento dei limiti legali per i pagamenti in contanti. E ancora: intensificare gli sforzi per contrastare il lavoro sommerso; porre l’accento sulla politica economica connessa agli investimenti in materia di ricerca e innovazione e sulla qualità delle infrastrutture; affrontare le restrizioni alla concorrenza, in particolare nel settore del commercio al dettaglio (qui rischia di arenarsi la proposta M5S sulla chiusura domenicale dei negozi) e dei servizi alle imprese, anche mediante una nuova legge annuale sulla concorrenza.
La trattativa nel governo italiano
Non a caso all’ultimo vertice convocato a Palazzo Chigi tra il premier Giuseppe Conte, i vice Matteo Salvini e Luigi Di Maio, il ministro dell’Economia Giovanni Tria e i suoi sottosegretari sono stati avviati di sette tavoli su altrettanti capitoli: oltre a spending, tax expenditures e flat tax, ci sono le privatizzazioni, il taglio al cuneo fiscale, gli investimenti, l’export e il Sud. Linee d’intervento tutte ancora da riempire di contenuti. Fuori dai radar il tema mini-Bot, che Tria ha bocciato di nuovo alla Camera.
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