Doccia fredda dalla multinazionale dell’acciaio: «In ogni caso, anche se la protezione legale fosse ripristinata, non sarebbe possibile eseguire il contratto» fa sapere ArcelorMittal. Intanto Svimez calcola gli impatti della chiusura su Pil nazionale (-0,2% in Italia, -0,7% al Sud) e sull’occupazione
di Andrea Gagliardi
ArcelorMittal restituisce l’Ilva allo Stato italiano
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«In ogni caso, anche se la protezione legale fosse ripristinata, non sarebbe possibile eseguire il contratto» in quanto c’è la possibilità che, per un provvedimento dell’autorità giudiziaria di Taranto, venga di nuovo spento l’altoforno 2 e «in tal caso dovrebbero essere spenti anche gli altiforni 1 e 4 in quanto, per motivi precauzionali, sarebbero loro egualmente applicabili le prescrizioni» del tribunale sull’automazione degli altiforni.
Quindi il contratto sull’Ilva di ArcelorMittal andrebbe considerato «risolto». È quanto si legge nell’atto di citazione di ArcelorMittal all’Ilva in amministrazione straordinaria – depositato al tribunale di Milano – pubblicato dal sito del “Corriere del Giorno”, giornale di Taranto.
Le richieste dei legali di Arcelor Mittal
I legali di ArcelorMittal come prima richiesta al tribunale di Milano fanno quella di dichiarare sciolto il contratto per l’Ilva di Taranto in quanto venendo meno la protezione legale, ArcelorMittal ha legittimamente esercitato il diritto di recesso. In subordine la richiesta è di dichiarare comunque risolto il contratto per «impossibilità sopravvenuta» a causa delle vicende giudiziarie che coinvolgono parti dell’impianto e che mettono a rischio la sua attività.
Infine, i legali di ArcelorMittal indicano che – se queste motivazioni non fossero ritenute sufficienti – c’è l’ulteriore richiesta di annullamento del contratto «per dolo». In particolare, si sostiene che le società in amministrazione straordinaria, in fase di data room, «hanno deliberatamente descritto in maniera erronea e fuorviante circostanze fondamentali relative alle condizioni dell’altoforno 2 e allo stato di ottemperanza delle prescrizioni» indicate dal tribunale di Taranto per adeguare gli altiforni.
Svimez: da chiusura Ilva impatto negativo di 3,5 mld su Pil
La Svimez, utilizzando il suo modello di previsione econometrico, ha valutato l’impatto per l’economia italiana e, in particolare per l’industria meridionale, della chiusura dell’Ilva, distinto per le diverse aree geografiche. La valutazione ha considerato gli effetti della chiusura rispetto all’attuale assetto produttivo caratterizzato già oggi da una produzione (intorno ai 4,5 milioni di tonnellate) inferiore agli obiettivi previsti dal piano industriale. L’impatto annuo sul PIL nazionale è stimato, considerando gli effetti diretti, indiretti e indotti, in 3,5 miliardi di euro, di cui 2,6 miliardi concentrati al Sud (in Puglia) e i restanti 0,9 miliardi nel Centro-Nord, pari allo 0,2% del PIL italiano. Se consideriamo l’impatto sul Pil del Mezzogiorno si sale allo 0,7%.