avvocatoinprimafila il metodo apf

Ex Ilva, Governo e ArcelorMittal avviano la trattativa su 5mila esuberi

LA CRISI DELL’ACCIAIO

Tema di scontro sono numeri e licenziamenti. Il Gruppo Mittal vuole ridurre il perimetro della maxi-fabbrica; per l’Esecutivo è insostenibile cancellare le buste paga

di Paolo Bricco

29 novembre 2019


Ex Ilva, Conte: da governo massima determinazione e attenzione

4′ di lettura

Il Governo – con il Mef a tirare le fila, in accordo ma in prevalenza sul Mise – sta selezionando la sua squadra di negoziatori. ArcelorMittal, invece, ha già pronta la sua. Il calendario, a oggi, non c’è ancora. Gli sherpa si incontreranno, presumibilmente, all’inizio della prossima settimana.

L’equilibrio è precario. La tentazione di comperare tempo – rimandando i problemi di giorno in giorno, se non di settimana in settimana – è caduta. Qualunque forma di attendismo non è più valida. Il tatticismo è finora appartenuto sia al Governo sia alla famiglia Mittal e alla sua collaboratrice italiana, Lucia Morselli. Sul piano industriale dell’Ilva non si scherza più.

Le due controparti, che dall’incontro di una settimana fa a Palazzo Chigi non hanno fatto nulla, devono mettersi al lavoro: per sciogliere i nodi trovando una soluzione oppure per dirsi definitivamente addio lasciando la parola soltanto agli avvocati e ai giudici, alle (certe) cause milionarie e ai (possibili) avvisi di garanzia. Mercoledì il Tribunale di Milano ha riaggiornato l’udienza, per il ricorso formale dell’Amministrazione Straordinaria contro lo spegnimento degli altoforni al 20 dicembre.

Lo scoglio della occupazione e l’estromissione dei sindacati
Il primo, vero, discrimine fra gli sherpa incaricati di seguire la trattativa sarà rappresentato dal numero di occupati. Il punto di partenza è l’accordo firmato da azienda e sindacati il 6 settembre 2018: ai 10.777 addetti oggi in capo ad AM Investco, andranno aggiunti, nell’agosto del 2023, i 1.912 occupati adesso in amministrazione straordinaria. In tutto fanno 12.689 persone. Un numero insostenibile per l’azienda, che ne vuole eliminare 5mila. Eliminare, appunto: questi occupati devono essere fuori dal perimetro. Le buste paga vanno cancellate.

Questa è la prima distanza, che appare non semplice da colmare, con i sindacati, che sono co-autori e co-firmatari dell’accordo, e con il Governo. Il quale ha, invece, una posizione differente da due punti di vista: 5mila persone in meno sono politicamente insostenibili, come è politicamente insostenibile l’esubero secco, nel senso del licenziamento. Dunque, bisognerà verificare le soluzioni tecniche (e politiche): la cancellazione dell’obbligo di assunzione degli addetti ora in amministrazione straordinaria? La costituzione di una bad company, in cui fare confluire gli esuberi cronicizzando la cassintegrazione? In ogni caso, un dato appare significativo.

Fonte

Exit mobile version