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Ex Ilva, indotto di Taranto nel caos: in seimila a rischio stipendio

IL TRACOLLO DELL’EX ILVA

Sono 150 le imprese fornitrici di ArcelorMittal messe in ginocchio dalla crisi. Crediti non pagati per 200 milioni di euro. Avviate le prime procedure per la cassa integrazione

di Domenico Palmiotti

17 novembre 2019


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3′ di lettura

Sui cartelli che giovedì pomeriggio hanno issato davanti al Mise, gli imprenditori dell’indotto-appalto siderurgico ArcelorMittal di Taranto (erano un centinaio, partiti da Taranto con due pullman per incontrare il ministro Stefano Patuanelli, e con loro anche sindaci e amministratori locali) hanno riassunto in tre cifre il loro dramma: 150 imprese, tra fornitori e subfornitori, 6.000 addetti, 200 milioni di crediti non pagati. Questi ultimi, però, si dividono fra passaggio di Ilva dalla gestione commissariale all’amministrazione straordinaria (gennaio 2015, pari a 150 milioni) e quelli (50 milioni) attribuibili alla gestione ArcelorMittal.

Il dramma degli imprenditori dell’indotto: 150 imprese, tra fornitori e subfornitori, 6.000 addetti, 200 milioni di crediti non pagati

La richiesta di avvio della cassa integrazione
I riflessi di questa situazione sono nella richiesta di avviare la procedura della cassa integrazione (si sono fatte avanti 5 aziende per un totale di quasi 300 addetti) e nella sospensione o ritardo degli stipendi di ottobre. Analizzando nel dettaglio l’esposizione dei 50 milioni, Confindustria Taranto dice che il credito maggiore è di un’azienda per 6 milioni, seguono due imprese che avanzano, rispettivamente, 4,5 e 4,3 milioni di euro, mentre un terzo delle imprese è nel range tra gli 800mila euro e i 2 milioni di euro. Metalmeccanica, edilizia e servizi, i settori più colpiti.

I subfornitori primari
Ma accanto alle aziende che lavorano nell’ex Ilva, ci sono anche i subfornitori primari. Realtà che forniscono quanto serve, dai lubrificanti ai pneumatici, alle attività dell’indotto-appalto nello stabilimento. «L’amministratore delegato di ArcelorMittal, Lucia Morselli, ha detto mercoledì al presidente Emiliano e giovedì ai sindacati che le fatture sarebbero state pagate. A oggi, non abbiamo visto nulla, nemmeno un cenno, una comunicazione, a parte il fatto che Morselli ha dato quest’annuncio alla Regione Puglia e alle sigle metalmeccaniche ma non a noi, direttamente interessati. Abbiamo mandato una seconda richiesta di incontro all’ad e vediamo se ci risponde».

I crediti da riscuotere
Sul tema crediti da riscuotere, le riunioni in Confindustria Taranto sono pressoché quotidiane. E la protesta potrebbe assumere anche toni più forti. Oggi c’è alle 10 una riunione tra imprese e autotrasportatori, i quali si riuniranno poi domenica per conto proprio. C’è l’idea, solo abbozzata per ora, di rifare un blocco con i Tir e i mezzi pesanti davanti alle portinerie del siderurgico come fu nel 2015. «Me lo ricordo ancora, 42 giorni durò, e parla uno che di blocchi all’Ilva ne ha fatti sinora 8» dice Vladimiro Pulpo, a capo degli autotrasportatori. Nel 2015, i mezzi stazionarono davanti alla portineria C, «ma in fabbrica – afferma Pulpo – ci sono anche altri due varchi per il transito dei mezzi e all’occorrenza altre portinerie possono essere usate smontando i guardrail. Nel 2015 organizzammo i presidi h24 perché non puoi lasciare solo i camion e andartene. Non facemmo entrare nulla».

Il presidio dei dipendenti Lacaita
Ieri, davanti alle portinerie imprese, c’è stato il presidio dei dipendenti dell’impresa Lacaita (110 addetti) che non ha erogato gli stipendi. L’azienda ha poi comunicato che pagherà il 18 novembre e quindi il presidio è stato sciolto. Non paga per ora la Gamit. Impresa che, uscita da una fase di cassa integrazione, aveva ripreso a lavorare, ora, invece, lo stop. «Ma un conto preciso lo potremo fare solo più in là – spiega Vincenzo Castronuovo della Fim Cisl -. Le date di corresponsione non sono univoche, c’è persino chi paga il 20 del mese».

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