Arriva a sorpresa, con l’annuncio del ministro dell’Ambiente Sergio Costa, in audizione alla Camera, l’intenzione del governo di avviare il riesame dell’Autorizzazione integrata ambientale (Aia) per l’ex Ilva di Taranto ora di proprietà del gruppo ArcelorMittal. Costa, ascoltato dalla commissione Ambiente di Montecitorio, ha spiegato che il decreto che fissa le tappe per arrivare alla riapertura è stato emesso ieri «al fine di introdurre eventuali condizioni aggiuntive motivate da ragioni sanitarie».
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Decisione che segue l’istanza presentata pochi giorni fa dal sindaco di Taranto. Tuttavia lo stesso ministro precisa che bisognerà prima procedere a una verifica preliminare sugli elementi alla base dell’istanza, per accertarne l’attualità in relazione agli ultimi dati sanitari e alle caratteristiche che presenta ora lo stabilimento.
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Di certo, l’intervento del ministro giunge in una fase caratterizzata dal tentativo dei Cinque Stelle di riavvicinare quella parte di comunità tarantina delusa dalle scelte fatte nei mesi scorsi sull’ex Ilva, a partire dalla mancata chiusura promessa invece durante la campagna elettorale per le politiche di un anno fa.
Il 24 giugno si terrà un nuovo incontro a Taranto con i rappresentanti del governo. E nei prossimi giorni alla Camera sarà messo al voto un emendamento, primo firmatario il deputato grillino Giovanni Vianello, che interviene su un doppio fronte. Da un lato prevede la redazione di un rapporto di valutazione del danno sanitario in funzione preventiva, dall’altro cancella la norma in base alla quale in sede di riesame dell’Aia gli impianti di interesse strategico nazionale con oltre 200 dipendenti (come l’ex Ilva) possono proseguire l’attività fino a un massimo di 3 anni anche in caso di sequestro da parte dell’autorità giudiziaria. Se l’emendamento sarà approvato, la norma in questione perderà efficacia a partire dal 6 settembre 2019, la stessa data che il decreto crescita indica come termine dell’operatività della immunità penale per i vertici dell’ex Ilva.
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