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Fondi europei all’Italia per l’agricoltura: corsa contro il tempo per evitare il taglio di 2,7 miliardi

in prima linea l’europarlamentare de castro

La Commissione uscente aveva previsto una riduzione del 5% delle risorse europee per l’agricoltura nel piano 2021-2017

di Nicoletta Cottone

17 settembre 2019


Un campo agricollo in Puglia (Imagoeconomica)

3′ di lettura

La Commissione uscente aveva previsto un taglio di 2,7 miliardi ai fondi europei all’Italia per l’agricoltura del piano 2021-2017. Ne parliamo con l’europarlamentare Paolo De Castro del Pd, relatore del bilancio 2020 della commissione agricoltura del Parlamento europeo.

Ci sono chance per evitare questa débâcle?
«Distinguiamo fra il bilancio per il 2020, sui cui l’opinione appena votata in commissione ci dà garanzie che non ci saranno tagli per l’agricoltura e non ci saranno soprattutto quelle riduzioni di budget che riguardavano l’Ocm, l’Organizzazione comune di mercato dell’ortofrutta e altri settori importanti. Diverso il discorso sulle prospettive finanziarie di lungo termine, cioé sul bilancio poliennale dell’Unione europea, dove la partita del Parlamento europeo è già stata chiaramente indicata in un voto d’aula: no a tagli alla politica agricola comune. Non vogliamo assolutamente alcun taglio. Semmai le risorse che verranno meno per via della Brexit o anche per via delle nuove politiche, andranno trovate lì dove gli Stati membri possono contribuire con maggiori risorse proprie. E se non c’è questa disponibilità, trovare le risorse attraverso sistemi di tassazione delle transazioni finanziarie o dei giganti del web. Abbiamo offerto vari opzioni come Parlamento europeo e ci aspettiamo che la Commissione riveda questo taglio, che è un taglio importante del 5% della politica agricola comune, che poi va a impattare in particolare sullo sviluppo rurale, arrivando nel nostro paese, come è stato ricordato, a 2,7 miliardi. Ci battiamo perché la posizione del Parlamento prevalga. La partita ovviamente sta ai capi di Stato e di governo».

Si punta anche a rimettere mano alla normativa su nuove biotecnologie e Ogm per distinguerle, dopo la sentenza della Corte di giustizia Ue del luglio 2018 che le ha omologate. Come vi state muovendo?
«Qui il commissario in carica Vytenis Andriukaitis era stato molto chiaro: sono due cose diverse. Una cosa è parlare di modifiche genetiche fra specie diverse, cioè gli Ogm, altra cosa sono le modifiche genetiche intra specie, cioè queste nuove tecniche che modificano il patrimonio genetico all’interno della stessa specie, cioé fanno ciò che già la natura fa. Accelerano dei percorsi naturali. Bene, non può essere uguale il percorso autorizzativo di nuove varietà tra Ogm e nuove specie vegetali ottenute con queste tecniche. Noi ci auguriamo che ci possa essere un nuovo regolamento che chiarisca. Ci aspettiamo dalla nuova commissaria cipriota di proseguire su questa strada, avanzando regolamenti chiari che individuano percorsi chiari per due strade di miglioramento genetico completamente diverse».

Come pensate di rimettere mano all’etichettatura d’origine?
«É importante chiarire che il Parlamento vuole dare informazioni al consumatore per una libera scelta. Quindi va benissimo avere una norma uguale per tutti che chiarisca finalmente da dove proviene la materia prima del cibo che consumiamo. Siamo a favore di una etichettatura d’origine, che sia obbligatoria per tutti gli Stati membri. Siamo profondamente contrari alle tecniche a semaforo (verde-giallo-rosso per indicare la “bontà” o “pericolosità” degli alimenti), nutri-score (sistema di etichettatura dei prodotti alimentari sviluppato in Francia che identifica i valori nutrizionali di un prodotto utilizzando due scale, una cromatica in 5 gradazioni dal verde al rosso, e una alfabetica dalla A alla E) che condizionano gli acquisti, non dando informazioni. Un semaforo rosso su un pezzo di parmigiano, su un prosciutto, condiziona l’acquisto senza dare informazioni. E poi che significa mettere semaforo verde su una bevanda gassata e invece metterlo rosso su un olio extravergine d’oliva. Stiamo dando davvero informazioni distorte. Noi dobbiano informare il consumatore, che poi deve compiere delle scelte. Dipende dalla quantità di consumo. Il parmigiano reggiano, il prosciutto, l’olio extravergine d’oliva sono tutti alimenti assolutamente sani, che fanno bene alla salute. Certo dipende da quanto ne consumiamo. Ma questo non è un problema di etichettatura, ma c’è bisogno di educazione alimentare. C’è bisogno di spiegare, di dare informazioni chiare ai consumatori».

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