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Nel punto più alto della sua storia la catena Blockbuster, specializzata nel noleggio di film in dvd e cassetta, poteva contare su novemila negozi sparsi in una trentina di paesi del mondo. Era il 2004 e il colosso del retail sembrava una potenza inarrestabile.
Di più: si permetteva di ridere in faccia (letteralmente) a un giovane Reed Hastings che provava a vendergli la sua promettente startup di nome Netflix. Quello che è successo dopo è noto: Blockbuster è fallita, spazzata via dal mercato dall’avvento di Internet, dal cambiamento delle abitudini dei consumatori e da quella stessa Netflix che aveva umiliato in passato. I nostalgici di quel mondo oggi devono andare fino a Bend, in Oregon, per andare a noleggiare un dvd nell’ultimo negozio della catena rimasto al mondo.
Torniamo nel 2019 e passiamo dai film in dvd ai videogiochi su disco e cartuccia. La più importante catena di retail del mondo Gamestop, con centinaia di negozi anche in Italia, ha da poco annunciato i disastrosi numeri del suo 2018 che ha fatto segnare una perdita di 673 milioni di dollari. Per certi versi, sembra di trovarsi di fronte a un deja vù: un marchio dominante che conta 4.500 punti vendita in quattordici Paesi del mondo si sta vedendo crollare il terreno sotto i piedi. Terreno che, in questo caso, sono appunto i videogame in formato “fisico”: la vendita di giochi nuovi è calata del 5,1 per cento e quella del software usato, altro mercato fondamentale per Gamestop, è crollata del 13,2 per cento.
La rivoluzione della banda larga che ha cambiato per sempre il mondo dei film e delle serie tv negli ultimi anni ha infatti bussato anche alle porte del settore dei videogame che ne erano ancora rimasti fuori. Esclusi fino a oggi per un semplice motivo: un film “pesa” qualche centinaio di megabyte, contro le decine di gigabyte di un videogame di ultima generazione. Il semplice download di un gioco richiede quindi una connessione molto più performante rispetto a quella necessaria per scaricare un film o una serie tv, e solo negli ultimi anni le connessioni casalinghe (o addirittura quelle mobile) hanno raggiunto una penetrazione e una potenza sufficienti per rendere questa opzione una reale possibilità e non un lusso per pochi fortunati.
Persino l’Italia, fanalino di coda in Europa per la potenza delle connessioni, ha ormai abbracciato il cambiamento anche nel mondo dei videogame. L’ultimo rapporto Aesvi pubblicato pochi giorni fa ha certificato per la prima volta anche nel nostro paese il sorpasso degli acquisti digitali su quelli fisici: 548 milioni di euro contro 338 milioni di euro.
L’abbandono del supporto fisico proseguirà con ogni probabilità anche nei prossimi anni e anzi rischia persino di subire una forte accelerazione grazie ai nuovi prodotti disponibili per i giocatori e ai nuovi colossi scesi in campo. Servizi in abbonamento “in stile Netflix” come il PlayStation Plus lanciato di recente anche in Italia da Sony o il prossimo arrivo di Google con il suo Stadia e il gaming interamente basato su cloud senza necessità di hardware dedicati e giochi da scaricare stanno per cambiare di nuovo le carte in tavola. E la prossima console di generazioni casalinghe ancora in fase di progettazione (nomi in codice PlayStation 5 per Sony e Xbox Scarlett per Microsoft) potrebbe fornire altri motivi per dire definitivamente addio alla cartuccia e al disco.
Il futuro sembra insomma nero per Gamestop e e altre catene di retail che ora devono correre per reinventarsi un modo per restare sul mercato. Da che parte cominciare? Intanto il bilancio di Gamestop dice che ci sono ancora settori in crescita: i ricavi per le vendite di accessori (gamepad, cuffie, volanti) hanno segnato un più 22 per cento, e quelle dei “collezionabili” legati al mondo del gaming sono cresciuti dell’11,2 per cento per un valore complessivo di 707,5 milioni.
Troppo poco per un colosso di queste dimensioni, che infatti sta provando anche altro. Intanto il settore degli eSport, altro fenomeno in crescita esponenziale nel mondo: Gamestop aprirà a Frisco, in Texas, il suo primo palazzetto-arena dedicato al gaming competitivo: il GameStop Performance Center che sarà sede della squadra dei Complexity Gaming e luogo per eventi con il pubblico.
Ma il cambiamento dovrà riguardare soprattutto i negozi: secondo una bozza di piano di rilancio chiamata “Gamestop 2.0” e rivelata dalla stampa di settore americana, il nuovo amministratore delegato George Sherman intende rivoluzionare l’esperienza del consumatore nei suoi negozi che dovranno diventare il centro di una ancora non chiarissima “esperienza culturale” legata al gaming e non solo posti in cui comprare i giochi. Quindi più schermi per provare i nuovi titoli, un occhio agli eSport anche negli store, radicali cambiamenti sul settore dell’usato. Basterà per non essere la nuova Blockbuster?
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