Nel primo trimestre rendimenti in negativo. Ma dal 2010 il margine composto medio annuo resta tra il 2,6 e il 3,8%, contro il 2% del Tfr. Adesioni pressoché invariate. In qualche caso, dopo accordi sindacali, qualche azienda ha rinviato i versamenti
di Davide Colombo
19 maggio 2020
3′ di lettura
Nel primo trimestre i rendimenti medi dei fondi pensione sono stati negativi. Al netto dei costi di gestione e della fiscalità, i fondi negoziali hanno perso il 5,2%, i fondi aperti il 7,5% e i PIP di ramo III il 12,1%. Per le gestioni separate di ramo I, che contabilizzano le attività a costo storico e non a valori di mercato e i cui rendimenti dipendono in larga parte dalle cedole incassate sui titoli detenuti, il risultato è stato appena positivo (+0,4%). L’ultimo trimestre in rosso del comparto risale al 2018. A far girare in negativo le performance è stata la discesa dei titoli di Stato e dei listini azionari, arrivati a perdere tra il 20 e il 25%, mentre la volatilità dei mercati è risalita su livelli non registrati dai tempi della crisi finanziaria del 2008.
Dal 2010 a oggi il Tfr resta comunque indietro
I dati diffusi ieri dalla Covip, la Commissione di vigilanza presieduta da Mario Padula, sono stati accompagnati dal consueto sguardo su un orizzonte più ampio del trimestre, che è quello richiesto per una valutazione dei rendimenti del risparmio previdenziale. In questa prospettiva l’impatto della pandemia sul ciclo finanziario appare più limitato. Nei dieci anni da inizio 2010 a fine 2019, il rendimento medio annuo composto è stato pari al 3,6% per i negoziali, al 3,8 per i fondi aperti e per i PIP di ramo III, e al 2,6% per le gestioni di ramo I. Nello stesso periodo, la rivalutazione media annua composta del TFR è stata pari al 2%. Aggiungendo ai dieci anni gli ultimi tre mesi, i rendimenti medi annui composti scendono al 3% per i fondi negoziali e i fondi aperti e al 2,4 per i PIP di ramo III; restano invece pari al 2,5% per i prodotti di ramo I. La rivalutazione del TFR nello stesso periodo si conferma al 2%.
Adesioni al palo, limati i patrimoni
Nei primi novanta giorni dell’anno hanno segnato il passo anche le adesioni, cresciute di appena 68mila unità (+0,7%). Ora le posizioni pensionistiche complementari aperte sono 9,185 milioni, corrispondenti a 8,325 milioni di risparmiatori. Le risorse gestite sono attorno ai 180 miliardi, un dato che non tiene conto delle variazioni nel trimestre dei fondi preesistenti e dei PIP “vecchi”. Il patrimonio dei fondi negoziali, 53,7 miliardi, ha peso il 4,3% rispetto alla fine del 2019, mentre i fondi aperti e i Più “nuovi” cumulano ora, rispettivamente, 21,6 miliardi e 35 miliardi; nel primo trimestre, la flessione è stata, per questi due raggruppamenti, del 5,7 e del 1,4%. A limare i patrimoni sono state le perdite in conto capitale, a fronte di flussi contributivi pressoché invariati.
Contributi costanti ma con qualche stop
Nella nota diffusa Covip ha sottolineato la sostanziale tenuta del flussi contributivi – anche se l’impatto della crisi si vedrà meglio nei prossimi mesi . Ma in qualche situazione, si fa notare, in base ad accordi sindacali non sono mancate aziende che hanno ritardato i versamenti della quota Tfr. Stabili anche le prestazioni del periodo: vale in questo caso solo ricordare chi gli iscritti possono, se lo credono, una volta pensionati, mantenere la loro posizione in gestione valutando il momento più opportuno per l’uscita dalla fase di accumulazione sia in funzione delle proprie esigenze sia delle contingenti condizioni di mercato.
Faro Covip sull’evoluzione della crisi
Covip sta seguendo con monitoraggi specifici, definiti anche in sede Eiopa, l’evoluzione della crisi e il suo impatto sui fondi. In aprile i mercati hanno registrato una lieve ripresa che è proseguita nelle prime due settimane di maggio. Un’indagine campionaria realizzata nelle ultime settimane ha rivelato una adeguata proattività delle forme pensionistiche complementari «sia per quanto attiene alla continuità operativa, sia in ordine alle modalità di interazione con gli iscritti». In alcuni casi- si legge nella nota – la complessa congiuntura «ha anche fornito spunto per l’incentivazione di meccanismi volti a valorizzare l’interlocuzione online e a facilitare le modalità di presentazione da parte degli aderenti delle richieste di prestazioni».