Intesa sui numeri: il disavanzo nel 2020 a 10,4%, nel 2021 a 5,7%. Scostamento ulteriore dal deficit da 55 miliardi
di Marco Rogari, Gianni Trovati
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Le cifre per la maximanovra anticrisi hanno preso forma nella riunione notturna fra mercoledì e giovedì, che ha sancito due cose: il conto della manovra, la più grande della storia repubblicana, è salito ancora, con un deficit aggiuntivo che sarà di 55 miliardi, cioè il 3,3% del Pil con una ricaduta dell’1,4% del Pil sul 2021, e un fabbisogno che dovrebbe superare addirittura i 161 miliardi.
Se manca l’accordo in maggioranza
Ma l’altro dato registrato dalla riunione è il mancato accordo fra le forze di maggioranza su alcune delle misure chiave del prossimo provvedimento. La complicata ricerca di un’intesa prosegue con un incontro fra il ministro dell’Economia Gualtieri e i capigruppo della maggioranza. Poi, finlmente, il Consiglio dei ministri. Ma partiamo dalle certezze. L’effetto combinato di recessione e spinta al deficit per gli interventi urgenti porterà il debito pubblico al 155,7% del Pil: il debito arriva insomma nelle vicinanze dei 2.600 miliardi di euro, con un aumento di oltre 190 miliardi rispetto allo scorso anno, facendo salire il conto nei dintorni dei 43.100 euro per ogni italiano, neonati compresi. Il debito rimane «sostenibile», rimarca la bozza del Def circolata, ma per riavvicinare la media dell’area euro l’Italia dovrà impiegare un decennio a colpi di «congrui surplus di bilancio primario».
Disavanzo e misure europee da costruire
Si riassume così il colpo inferto dal coronavirus a un quadro di finanza pubblica che negli anni scorsi non era riuscito a far cambiare direzione al debito, nonostante la correzione «involontaria» del deficit realizzata dal governo Conte-1. E che oggi, per contrastare un crollo dell’economia che si porta via oltre 20 miliardi di entrate fiscali, può contare solo sul disavanzo e su contromisure europee tutte da costruire (e da digerire, come nel caso del Mes).
Uno sforzo straordinario
In queste condizioni, lo sforzo da mettere in campo è straordinario, perché 160 miliardi abbondanti di fabbisogno non conoscono precedenti nella storia italiana, come nessun precedente si incontra per 55 miliardi di deficit attivati in un colpo solo: la manovra Amato del 1992, per tornare ad altri periodi bui, fu di circa 45 miliardi. Il deficit, 10,4%, è esattamente quello del 1992, mentre la caduta del Pil dell’8% è un inedito per l’Italia repubblicana.
La cancellazione della clausola di salvaguardia
Nasce da questo scenario il quadro di finanza pubblica che finisce sui tavoli del Consiglio dei ministri. E che si limita a fotografare la situazione del 2020 e 2021, in attesa di tempi migliori per la definizione di un programma completo. I due anni disegnati dal Def sono un’altalena, perché al -8% del Pil di quest’anno seguirà un rimbalzo del 4,7% nel 2021 (dinamica confermata dalle previsioni diffuse da Moody’s). Il debito, in volo al 155,7% nel 2020, è atteso scendere al 152,7% nel 2021, quando il deficit si ridurrà al 5,7% dal 10,4% di quest’anno: non scenderà di più perché saranno cancellate le clausole di salvaguardia che prevedono l’aumento Iva da 20,1 miliardi dal prossimo primo gennaio: l’addio a questo cappio, secondo le ipotesi formulate nelle ultime riunioni, potrebbe arrivare già nel prossimo decreto, se l’idea otterrà un’interpretazione flessibile della «necessità e urgenza» che motivano le norme dei decreti legge.