Molti annunci e tentativi, tante prove andate a vuoto
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Il decreto semplificazioni, approdato in Gazzetta ufficiale dopo una serie di ritocchi e limature chieste dalla Ragioneria per motivi di copertura, è il primo tassello della strategia di politica economica in vista del Piano per la ripresa che verrà presentato a fine settembre a Bruxelles insieme alla Nota di aggiornamento al Def. Un tassello importante, poiché da anni vi è unanime consenso sulla necessità di superare strozzature, intoppi burocratici e procedurali che bloccano la realizzazione di opere fondamentali per il Paese, e che rendono complesso il rapporto tra cittadini e pubblici uffici.
Molti annunci, ma risultati non all’altezza delle aspettative
In realtà, non vi è governo negli ultimi decenni che non abbia annunciato e varato provvedimenti di semplificazione. Il risultato finora non è stato all’altezza delle aspettative, tanto che sull’onda dell’emergenza causata dalla pandemia si è reso necessario il ricorso a un nuovo decreto. Sarà la volta buona?
Semplificare per complicare
Se si guarda alla mole di provvedimenti, norme di attuazione, regolamenti e circolari prodotte negli ultimi decenni si ha l’impressione che spesso le annunciate semplificazioni si sono tradotte in un coacervo inestricabile di misure, parte delle quali peraltro sono rimaste inattuate. Il vero problema è che a dispetto dei reiterati interventi legislativi susseguitisi negli ultimi quaranta anni (con importanti e positive novità di rilievo sul versante degli adempimenti fiscali che hanno dato la luce alla dichiarazione precompilata), il potere di interdizione della burocrazia è stato appena scalfito. Prevale un istintivo approccio auto-conservativo. Le conseguenze di un federalismo zoppo, amplificato dalla pasticciata modifica del Titolo V della Costituzione, hanno reso ancor più fitto il reticolo di norme e regolamenti, attribuzioni e competenze tra Stato e autonomie locali.
I tentativi di semplificazione
La prima, vera riforma della pubblica amministrazione, all’insegna (ovviamente) della semplificazione, risale al 1990 (sesto governo Andreotti, ministro della Funzione pubblica Remo Gaspari). Un testo corposo, che prende le mosse dalle conclusioni cui era giunta dieci anni prima la Commissione presieduta da Massimo Severo Giannini. Principi sacrosanti, come quello che prevede che i procedimenti amministrativi debbano avere «un inizio e una fine», entro tempi certi da verificare con un «responsabile». E anche la più volte annunciata “autocertificazione” ha faticato non poco ad affermarsi, e la stessa “241” del 1990 prova a rendere operative misure già previste dalla legge n.15 del 4 gennaio 1968, varata dal terzo governo Moro in cui l’autocertificazione era già prevista.