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Il Governo riscopre il fascino delle partecipazioni statali

«sbagliato privatizzare l’acciaio»

La Cgil sposa immediatamente l’idea: «È innegabile che per ricostruire le politiche industriali, oggi in evidente crisi, serva istituire un’agenzia che, come l’Iri, possa rilanciare lo sviluppo del Paese»

di Vittorio Nuti

26 novembre 2019


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3′ di lettura

Il Governo è pronto rispolverare l’Iri, il glorioso Istituto per la Ricostruzione Industriale protagonista dell’interventismo pubblico nell’economia tra il 1933 e il 2002? «Se serve sì» ha risposto il ministro dello Sviluppo economico, Stefano Patuanelli, parlando di alcuni dossier caldi come Alitalia, ex-Ilva, e Autostrade nel corso di una audizione sulle linee programmatiche del Mise in commissione Industria al Senato.

L’idea di proteggere le imprese italiane
«Da un lato ci si dice che dobbiamo difendere l’interesse nazionale, dall’altro quando si pensa all’entrata dello Stato in certe tipologie di produzioni, a nazionalizzazioni, ci si dice: “eh ma voi state tornando all’Iri”», ha ragionato il ministro pentastellato, che non ha affatto escluso questa soluzione «in un momento in cui dobbiamo proteggere le nostre imprese e la nostra produzione industriale».

Alitalia senza «soluzione di mercato»
Nella maggioranza si affaccia dunque l’idea di riproporre la “formula Iri”, con il ritorno all’intervento statale in economia anche se basato più sulla cooperazione tra capitale pubblico e capitale privato che come semplice “nazionalizzazione” delle imprese in crisi. E a rafforzare questa ipotesi, contribuiscono in queste ore le parole del premier Giuseppe Conte su Alitalia, rimasta priva di un’offerta vincolante da parte del consorzio di salvataggio. Per l’ex compagnia di bandiera, ha spiegato Conte, «è chiaro che in questo momento non abbiamo una soluzione di mercato a portata di mano». Certo, questa resta «la soluzione preferita dal governo», ma «stiamo valutando proprio in queste ore, evidentemente, anche alternative».

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Invitalia in pole position
Al Senato, Patuanelli ha citato Invitalia, l’Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d’impresa di proprietà del Mef, come «una delle possibilità sul campo» per un eventuale intervento pubblico nell’assetto proprietario dell’ex Ilva: «Stiamo valutando diverse ipotesi», e ricorrere alla Cassa depositi e prestiti «è difficile per lo Statuto» che non lo prevede». Sul dossier è al lavoro il ministro dell’Economia Gualtieri e i tecnici del Mef, e dai risultati della loro analisi di fattibilità tecnica – ha concluso il titolare del Mise, «nascerà poi la proposta di un eventuale ingresso dello Stato».

Sbagliato privatizzare l’acciaio
Sull’ex Ilva il ragionamento di Patuanelli è in realtà più ampio, e parte dal risconoscimento dell’«errore» fatto con la privatizzazione del settore siderurgico perchè «soltanto la presenza forte dello Stato in quella produzione riesce a mettere assieme la produzione siderurgica e gli investimenti in ambito ambientale, altrimenti quella produzione è in perdita». «Solo con l’intervento pubblico – spiega il ministro – si riesce a garantire una protezione ambientale e contemporaneamente la produzione del ciclo integrale con l’uso carbone». Quanto all’ex Ilva e ad Artcelor Mittal, per Patuanelli «in questo momento la questione dello scudo è servita a smascherare l’intenzione dell’azienda e a imporre oggi un diverso piano industriale, con l’esigenza di mantenere i posti di lavoro e il superamento graduale dell’uso del carbone che però non può essere totale».

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