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Il Piave birreggiava: non solo prosecco dalle valli del fiume sacro alla Patria

La storia esemplare degli eredi di una dinastia di viticoltori di Valdobbiadene che hanno puntato su una produzione diversa e di qualità. Dieci ettari a orzo nella valle “della” Piave, una scommessa vincente nel rispetto della biodiversità

 

L’eterna lotta tra birra e vino trova in Veneto un nuovo equilibrio imprenditoriale: Massimo Zanin, figlio di viticoltori, all’oro del prosecco ha preferito il biondo della birra artigianale. Storia di una scommessa nata sulle sponde della Piave

Sapete qual è il colmo per un produttore di prosecco? Darsi alla birra. Quella che potrebbe sembrare solo una battuta (anche un po’ scontata), è invece la sfida realmente intrapresa da Massimo Zanin, discendente, con i fratelli Alberto e Luigi, di una famiglia di viticoltori delle colline di Valdobbiadene, che alla glera ha preferito la scelta controcorrente del malto e del luppolo, fondando il micro-birrificio agricolo “La Piave”. Non si tratta di un’iniziativa isolata in un contesto che, a dispetto dei numeri del sistema prosecco (oltre 500 milioni di bottiglie e un fatturato annuo superiore ai due miliardi di euro), ha creduto moltissimo nella birra artigianale, tanto che oggi il Veneto è il primo produttore a livello nazionale.

 

Tuttavia, la scommessa di Massimo Zanin, oltre al piglio di una scelta di indipendenza rispetto a una tradizione di famiglia, ha il sapore di un autentico ritorno alle origini. Innanzi tutto per il nome: La Piave, come veniva chiamato il fiume dalle antiche popolazioni venete, e non Il Piave, maschilizzazione “imposta” da Gabriele D’Annunzio all’eroico oppositore del nemico austriaco durante la Grande Guerra. Poi per il luogo di produzione della materia prima, l’orzo, coltivato in una distesa di dieci ettari nella valle della Piave che si estendono verso i Palù, le ampie praterie paludose bonificate dai frati benedettini nel 1200 e da allora vocate, per la fertilità del terreno, alla coltivazione di foraggio. Infine per la storia del titolare, che, dopo una vita in collina a servizio de La Rondine, l’agriturismo di famiglia incastonato nella meravigliosa cornice dei vigneti del Conegliano-Valdobbiadene, ha deciso di scendere a valle, più precisamente a Moriago della Battaglia, per instaurare il quartier generale del suo birrificio, creato dal recupero di una vecchia cantina.

 

«Ho messo in piedi tutto in pochi mesi – racconta Massimo Zanin – dopo tanti anni di lavoro in agriturismo e come marmista per un’azienda locale, ho deciso di lasciarmi tutto alle spalle e di ascoltare il richiamo della Piave. Le colline del prosecco sono una terra addomesticata dall’uomo, mentre la Piave conserva una natura ribelle e selvaggia che ho cercato di trasferire nelle mie birre, creando un’etichetta fortemente identificata con il territorio e puntando su una produzione rigorosamente a km zero.».

 

Per la produzione Zanin si è affidato fin da subito alla creatività di uno tra i più giovani birrai d’Italia, Enrico, oggi 28enne. Gli ha chiesto di creare birre dal corpo leggero ma dal sapore intenso e così sono nate una bianca stile belga, una bionda tipo pilsner, una bionda doppio malto, una rossa amber ale, una speciale American Pale Ale e una porter scuro. Le sei birre, rispettivamente Fontane Bianche, Peralba, Priula, Isola Rossa, Veneta e Vallescura portano i nomi delle tappe che, dal Monte Peralba alla Laguna Veneta, scandiscono i 231 km del Piave. O meglio, della Piave. Ci voleva la birra per ristabilire questa verità toponomastica, a dimostrazione che non solo “in vino veritas”.

 

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