Pressing sul commissario europeo per il Mercato interno Thierry Breton, che ha la delega sul comparto, affinché si decida a destinare una quota rilevante del Fondo per la ripresa a questo settore. Il problema è che lo strumento ha tempi lunghi, poco funzionali a un settore già in ginocchio
di Andrea Carli
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Il pressing non è solo italiano, ma anche italiano. I responsabili delle politiche per il turismo dei paesi Ue, e tra questi l’italiano Dario Franceschini, hanno chiesto al commissario europeo per il Mercato interno Thierry Breton, che ha la delega sul comparto, di destinare una quota rilevante del Recovery fund a questo settore.
Sul tavolo dell’Eurogruppo il Mes, non il Recovery Fund
Il Fondo per la ripresa, incentrato sul bilancio comunitario 2021-2027, è uno degli strumenti con cui l’Ue intende affrontare lo shock economico causato dalla pandemia influenzale. Il problema è che molti aspetti, dall’importo del fondo all’uso del denaro, restano da definire. Il Consiglio europeo ha dato mandato alla Commissione di presentare una proposta. Proposta che, insieme a quella sul bilancio pluriennale, sarebbe dovuta arrivare mercoledì 6 maggio. La scadenza non è stata rispettata, e la presentazione della proposta è slittata di qualche settimana. Risultato: sul tavolo dell’Eurogruppo è approdato il Mes (è stato trovato un accordo definitivo sull’uso del Fondo Salva Stati: ogni Stato membro potrà spendere fino al 2% del Pil per finanziare la lotta al Coronavirus ottenendo finanziamenti a tassi agevolati e senza alcun tipo di condizionalità da parte del Mes per l’erogazione dei prestiti). È rimasto fuori dall’ordine del giorno del vertice quel Recovery Fund, a cui guardano gli operatori del turismo. «Stiamo valutando la possibilità di introdurre soluzioni ponte – ha spiegato il vicepresidente esecutivo della Commissione europea Valdis Dombrovskis – ma al tempo stesso vale la pena considerare che alcuni strumenti economici non sono ancora entrati in vigore». Il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri ha espresso l’auspicio di un Recovery fund «disponibile già nel 2020 e finanziato con risorse comuni europee attraverso l’emissione di titoli comuni».
Slittata la presentazione di una proposta da parte della Commissione
I tempi perché questo strumento acquisisca una sua connotazione non sono stretti, mentre il turismo in Italia vive già ora una situazione di grande difficoltà. La Commissione è alle prese con una trattativa molto complessa con le capitali, che sta richiedendo più tempo del previsto. Inizialmente, dopo il vertice europeo che le aveva chiesto di mettere a punto una proposta di Recovery plan, l’idea era di presentarla assieme alla previsioni economiche di primavera (il 6 maggio). Ma le marcate divergenze che dividono tuttora i 27 hanno frenato la presidente della Commissione von der Leyen, che non vuole mettere sul tavolo una proposta “non matura”, rischiando che venga rigettata. Risultato: il Recovery Fund, nella migliore delle ipotesi, potrebbe iniziare a essere operativo da giugno. Da quel canale dovrebbero arrivare 100 miliardi (che si sommerebbero ai 37 che scaturirebbero dal un’eventuale adesione al Fondo Salva Stati da parte dell’Italia).
In Italia oltre 40mila imprese a rischio fallimento
Tempi troppo lunghi per un settore messo in ginocchio dall’emergenza coronavirus. Non è solo un problema italiano. Secondo l’Unwto, l’agenzia del turismo dell’Onu, nel 2020 gli arrivi internazionali diminuiranno tra il 58% e il 78% rispetto al 2019 (a seconda dell’’allentamento delle misure di lockdown). Il giro d’affari del turismo internazionale dovrebbe calare di una cifra compresa tra i 910 miliardi e gli 1,2 migliaia di miliardi di dollari e soprattutto a rischio ci sarebbero qualcosa come 100-120 milioni di posti di lavoro. Se queste sono le prospettive, il caso italiano non ha di che sorridere. Qui il comparto, che vale il 13% del Pil, deve già scalare una montagna. Secondo la fotografia scattata da Demoskopika, oltre 40mila imprese rischiano di fallire a causa della perdita di solidità finanziaria, con una contrazione del fatturato di almeno dieci miliardi di euro. Sono a rischio 184mila posti di lavoro.
Dl Rilancio: turismo, tax credit per affitti e calo attività
Intanto tra le ipotesi previste nel documento di lavoro per la messa a punto del decreto Rilancio, atteso sul tavolo del Consiglio dei ministri nelle prossime ore – si tratta di un testo di oltre 770 pagine che raccoglie le proposte da parte dei ministeri – rientra anche quella di un credito d’imposta in favore delle imprese turistico ricettive e delle aziende termali che non sono proprietarie dell’immobile in cui si svolge l’attività e che in questo periodo sono tenute a pagare l’affitto e uno per strutture ricettive, aziende termali, agenzie di viaggio e turismo e tour operator, per un importo proporzionale al danno subito in ragione della riduzione dell’ammontare delle operazioni attive rispetto all’anno precedente.