Cresce la distanza tra la Sardegna e le aree europee più dinamiche ed economicamente più forti. L’isola, che negli ultimi cinque anni ha perso quattro punti di pil è 214/a nella classifica delle regioni europe. Non sono però tutti negativi i dati contenuti nel 26mo rapporto sull’economia della Sardegna realizzato dal Crenos, il Centro ricerche economiche Nord Sud, dove lavorano i ricercatori delle università di Cagliari e Sassari. Tra le voci più rilevanti, la crescita di 20mila occupati (a trainare sono soprattutto alberghi e commercio) e il tasso di occupazione che arriva al 40,1%, ben al di sotto delle medie italiana ed europea, ma comunque in miglioramento come testimonia anche il calo di 1,6 punti del tasso di disoccupazione registrato da Eurostat.
Per la direttrice del Crenos, Emanuela Marroccu, la Sardegna è lontana dall’obiettivo europeo, ma si sta avvicinando. Proprio la perdita del punti percentuale del prodotto interno lordo fa sì che l’isola retroceda andando al di sotto delle soglie che separano le regioni più sviluppate da quelle in transizione e meno sviluppate. Una notizia cattiva che ne porta appresso una buona. L’effetto della retrocessione permetterà di ricevere maggiori risorse europee e nazionali.
Sul fronte degli investimenti in ricerca e sviluppo, la Sardegna investe meno di un terzo rispetto alla media dei paesi UE (il 28%), con una quota di investimenti privata esigua (appena il 15% del totale rispetto al 61% dell’Italia e al 65% della media europea).
Nonostante i bassi livelli di investimento, le imprese isolane sembrano adattarsi alle nuove tecnologie in maniera strategica: il 37,5% ha infatti intrapreso attività innovative nel 2016. Esiste poi una componente privata che, nonostante la congiuntura negativa, si impegna per competere in mercati globali, scegliendo nuove tecnologie e sfruttando le opportunità che arrivano dallo sviluppo digitale.
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