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La Germania è a un passo dalla recessione

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TOBIAS SCHWARZ / AFP 

Angela Merkel 

La locomotiva tedesca frena. A fine 2018 la Germania, la prima economia europea, evita di un soffio la recessione. Dopo il -0,2% del terzo trimestre, negli ultimi tre mesi dell’anno il Pil si ferma a quota zero, non entra per un pelo in recessione tecnica, cioè non registra due contrazioni consecutive del Pil, ma scala pericolosamente la marcia, come dimostra il dato annuale: +1,4% nel 2018, nettamente meno del +2,2% registrato nel 2017. Un brutto segnale, aggravato dal fatto che, come segnala alla Bbc, Jack Allen, senior economist europeo di Capital Economics, “ciò che è particolarmente preoccupante è che i primi segnali del 2019 suggeriscono che un forte rimbalzo è improbabile”. 

Solo un anno fa, nel marzo scorso, quando il ministro dell’Economia, Peter Altmaier si è insediato al governo, una frenata del genere sembrava impensabile. Altmaier aveva infatti previsto una crescita media annua per i prossimi 15-20 anni del 2,5%. Un ottimismo fuori posto il suo, come dimostrano le stime del suo stesso ministero rilasciate a fine gennaio, che ha rivisto al ribasso le previsioni di fine anno, portandole da +1,8% a +1%, un dato in linea con il recente +1,1% di Bruxelles.

Le ragioni della frenata

Cosa c’è dietro questo brusco ridimensionamento delle stime di crescita? Innanzitutto il rallentamento dell’economia globale. Per la Germania, che è il terzo Paese esportatore mondiale, dietro a Stati Uniti e Cina, le incertezze economiche che stanno imbrigliando l’economia mondiale sono una vera catastrofe. Il primo segnale di allarme arriva dalla Cina. Ogni anno Berlino esporta in Cina circa 86 miliardi di euro di ‘made in Germany’, solo Francia e Usa fanno meglio. Il rallentamento dell’economia cinese rappresenta dunque un bel problema per la Germania, insieme alla Brexit e alla guerra commerciale avviata dall’amministrazione Trump, che tra l’altro nel mirino ha messo soprattutto l’export negli Usa di auto tedesche.

La tentazione del deficit

L’export tedesco continua a tirare, nel 2018 è cresciuto del 3%, ma già a dicembre ha mostrato un primo segno di cedimento, registrando un rialzo solo dell’1,5%. E per il resto dell’anno le previsioni sono nere. Altri segnali negativi arrivano dalla produzione industriale, che a dicembre è scesa dello 0,4% mensile e dagli ordini all’industria, calati dell’1,6% a dicembre, in particolare quelli dall’estero crollati del 5,5%. Bene invece il mercato del lavoro, con la disoccupazione che resta ferma al 5%, mentre sui conti pubblici, il governo Merkel insiste nel volerli tenere in equilibrio, anche se da alcune indiscrezioni emerge che per il 2022 e il 2023 Berlino non esclude un ritorno al deficit, a causa del rallentamento dell’economia e delle possibili minori entrate. Anche l’inflazione è sotto controllo , all’1,4% a gennaio. 

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