K. DJANSEZIAN / AFP
Blockbuster a Los Angeles, chiuso nel 2010
Ne è rimasto soltanto uno. Highlander, per ora. Il Blockbuster di Morley, in Australia, ha annunciato che chiuderà il 31 marzo. Ma gli affitti sono bloccati dal 7 marzo. Resta così un solo Blockbuster in tutto il mondo: si trova a Bend, in Oregon, Stati Uniti. Nel 2004 la catena aveva più di 9.000 punti vendita.
L’estinzione dei Blockbuster
Blockbuster è stata una società fondata nel 1985 e fallita nel 2013. Ha via via abbandonato tutti i mercati (quello italiano nel giugno 2012) e chiuso i punti vendita. Alcuni, però, hanno retto perché in franchising: utilizzavano il marchio ma avevano una gestione indipendente. Senza l’appoggio di quella che era stata la più grande catena di video a noleggio del mondo e strozzati dallo streaming, i negozi hanno ceduto.
“È con grande tristezza che dobbiamo informavi che il nostro ultimo giorno di affitti è il 7 marzo”, ha scritto il negozio australiano sulla sua pagina Facebook. Adesso partono le vendite di quello che è rimasto sugli scaffali, ma anche degli scaffali: dvd e blu-ray superstiti, “arredamento e infissi”. Insomma, si smobilita.
Ad agosto aveva chiuso un Blockbuster che era riuscito a sopravvivere in Alaska, a Fairbanks. Il gestore ha riunito parte dei dipendenti passati da quel negozio nei 27 anni precedenti per “un’ultima foto”. Li ha ringraziati con un post su Facebook, felice di averli avuti al suo fianco e contento che molti di loro avessero “carriere di successo”.
Poi, nostalgico, chiede “per cortesia” al tempo di “riavvolgere il nastro”. Un’espressione che spiega perché Blockbuster si è estinto: ha rappresentato l’apice dei supporti fisici. Prima videocassette, poi cd e dvd. È una delle vittima della digitalizzazione dei contenuti. Troppo vecchio per competere, troppo giovane per appigliarsi al tocco vintage che dà mercato ai vinili. È solo un avvicendamento simbolico (perché Blockbuster era già in crisi da tempo), ma la catena è fallita nel 2013, proprio quando Netflix produceva la sua prima serie originale, House of Cards.
Quando i film si imbucavano
Dal 2013 l’offerta dello streaming si è moltiplicata e – grazie a connessioni più efficienti – si è estesa. Non domani, ma già oggi – a meno di sei anni dal fallimento di Blockbuster – sembra bizzarro dover andare in un negozio per affittare un paio di film e guardarseli a casa, magari accompagnato da pacchetti di patatine di dubbio gusto.
E pare singolare, per quanto romantico, dover uscire da casa il giorno dopo per restituire cassette e dvd imbucandoli come buste delle lettere (“buste delle lettere”, altra similitudine che solo chi ha l’età per entrare in un Blockbuster userebbe). Chi lo ha fatto, oggi sorride. Chi sta crescendo solo con lo streaming, si chiede semplicemente: perché? Lo scorso agosto, si è fatto la stessa domanda Bijan Stephen, giornalista di The Verge. Si è infilato in macchina ed è andato a Bend per vedere questa scheggia di passato, con un atteggiamento a metà tra lo sguardo scientifico dell’archeologo e quello commosso di un trentenne che ritrova in cantina un giocattolo creduto perso.
La storia di Bend
L’Highlander dei Blockbuster si trova in una cittadina dell’Oregon. Il proprietario è Ken Tisher. Aveva un negozio indipendente quando, nel 2000, Blockbuster arrivò comportandosi come solo un dominatore del mercato può comportarsi: propose (diciamo propose) di inglobare il punto vendita nella catena. Lo fece, spiega Tisher, “con un’offerta che non si poteva rifiutare”. Un po’ per i dollari. E un po’ perché, se avesse detto di no, Blockbuster avrebbe aperto due negozi a qualche centinaio di metri di distanza. Sandi Harding è la responsabile vendite da una decina d’anni. E oggi lavora accanto al figlio, che si aggira per i corridoi con la maglietta blu d’ordinanza.
Fanno più o meno quello che fa Netflix: suggeriscono i film più adatti a te, perché conoscono i tuoi gusti. Netflix lo fa (in maniera ancora un po’ approssimativa e confusa) con un algoritmo; Sandi e suo figlio con le mani, la memoria e un rapporto personale coltivato negli anni. Sandi è convinta che “affittare un dvd, guardarlo e parlarne è qualcosa che alle persone manca”. Una cliente dice che così il film “non è solo qualcosa che guardi sullo schermo”.
Cosa può imparare lo streaming
Sì, ma tutto questo non spiega perché proprio a Bend ha retto l’ultimo dei Blockbuster. E forse una spiegazione non c’è. È probabile che non essere in una metropoli abbia aiutato: Bend ha 70.000 abitanti. Ma The Verge ha notato anche come la cittadina abbia un’insolita passione per il grande schermo: ci sono tre teatri e un festival cinematografico.
Certo, quando sei l’ultimo esemplare della tua specie, anche la fortuna c’entra qualcosa. Ma il caso non è tutto. Il Blockbuster di Bend è parte di una comunità appassionata, è una guida molto empatica e poco dispersiva, è un leader di una zona specifica. Non offre contenuti personalizzati ma personali.
Significa che i Blockbuster torneranno? No. Ma i pregi di Bend sono spunti su cui le grandi piattaforme potrebbero lavorare. Non certo per il timore che tornino le videocassette, ma perché anche su questi punti (oltre che sulla qualità dei contenuti) si gioca la partita in un settore sempre più affollato. Sandi dice che c’è posto per entrambi: streaming e affitto. Ma lo spazio, oggi, è davvero poco. Basta appena per l’ultimo dei Blockbuster.
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