di Lina Palmerini
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Non potrà mai essere un diktat perché l’ultima parola sulla crisi e il voto spetta ai partiti ma certamente il consiglio di Sergio Mattarella è quello di farsi carico di una responsabilità: tutelare la sessione di bilancio per non mandare il Paese in esercizio provvisorio. Quel passo comporterebbe in automatico l’aumento dell’Iva oltre che possibili nuove tensioni sui mercati proprio ora che l’Italia è tornata a livelli di normalità su spread e fiducia dei risparmiatori. Chi si assumerebbe questa responsabilità? È una domanda, una pressione ma, appunto, non un ordine. Ed è quello che Mattarella potrebbe consigliare ai partiti in questa fase di tensione. Ieri si era diffusa la voce di un incontro tra Salvini e il capo dello Stato, poi smentita in serata dallo stesso leader leghista.
Invece ieri al Colle è salito Giorgetti, che ha annunciato il passo indietro sulla Commissione Ue ed è possibile che nel colloquio sia emerso l’orientamento del capo dello Stato. Innanzitutto sulle voci di piani B, maggioranze alternative o governi tecnici. Su questo punto, i collaboratori di Mattarella rispondono in modo tranchant che da quelle parti non si costruiscono scenari fuori dalle indicazioni che – eventualmente – daranno i partiti e il Parlamento. Tra l’altro, quella della crisi è un’ipotesi che allarma il Quirinale che auspica il ritorno a una normale dialettica nella maggioranza.
Altro nodo è quello dei tempi. Ieri Salvini parlava di «finestre sempre aperte» per il voto. Un’affermazione corretta se non fosse per le conseguenze che uno strappo a ridosso di agosto o in autunno comporterebbe. Come si sa, la manovra ha scadenze precise: l’iter comincia a metà ottobre per concludersi a fine anno, con un lavoro di preparazione che prevede un’interlocuzione con l’Europa. Dunque, blindare quell’arco temporale vorrebbe dire per Salvini fare la crisi subito, entro la fine del mese per andare alle urne al massimo il 29 settembre o addirittura la prima settimana di ottobre. Va ricordato che occorrono almeno 60 giorni dallo scioglimento delle Camere alle elezioni, viste le esigenze tecniche per il voto all’estero. Quello che Mattarella potrebbe garantire sono consultazioni veloci per sciogliere in tempi tali da consentire le urne tra fine settembre (22 o 29) o i primi di ottobre.
Ma soprattutto, il punto cruciale è Palazzo Chigi perché la crisi non si apre se non ci sono le dimissioni di Conte o se il premier non viene sfiduciato in Parlamento. Quello è il passaggio di cui Salvini dovrebbe preoccuparsi.