(ANSA) – ROMA, 09 GEN – Chi è alla ricerca di un lavoro, e
che dopo aver inviato il proprio curriculum vitae in risposta a
un annuncio viene contattato per un colloquio, non dovrebbe
farsi prendere alla sprovvista da una domanda del tipo “come ha
vissuto i mesi di lockdown?” o magari da un quesito più
complesso come “cosa ha fatto durante la pandemia per migliorare
la sua situazione professionale o personale?”.
Il suggerimento arriva da una società di ‘cacciatori di
teste’ (head hunter), la Adami & Associati che ha rivisto la
propria metodologia di caccia e selezione del personale dopo le
restrizioni della pandemia.
L’emergenza sanitaria – spiega la società – ha portato le
aziende a ripensare anche il modo di affrontare e di percepire
le crisi, con conseguenze sul piano della produzione,
dell’amministrazione e via dicendo. “Come conseguenza di tutto
questo sono cambiati in modo sensibile anche i colloqui di
lavoro, e dovrebbero esserne consapevoli sia le persone alla
ricerca di un nuova occupazione, sia gli addetti HR e i manager
che si troveranno a gestire o a partecipare a questi delicati
incontri”, conferma Carola Adami, fondatrice di Adami &
Associati. (ANSA).
Fonte Ansa.it