L’economia globale rallenta e si allontana il rialzo dei tassi. Il messaggio lanciato giovedì dalla Federal Reserve è chiaro: i tassi Usa restano fermi e sulle future strette i riflettori non sono più puntati su quanti rialzi ci saranno quest’anno, ma sulla parola chiave ‘pazienza’. “Alla luce degli sviluppi economici e finanziari mondiali e di pressioni inflazionistiche sotto controllo – spiega il Fomc, il comitato di politica monetaria della Fed – saremo pazienti nel determinare quali future correzioni ai tassi potranno essere appropriate”.
Per quanto i tassi resteranno così bassi?
Anche la Banca Centrale Europea, pur senza modificare ancora le sue linee guida, prende atto che il rallentamento economico nell’Eurozona è peggiore del previsto e si dà appuntamento a marzo, quando disporrà di nuove previsioni, per valutare ulteriori stimoli monetari ed eventualmente congelare più a lungo i tassi agli attuali livelli, incluso il tasso negativo sui depositi, cioè quello che pagano le banche per parcheggiare i loro soldi alla Bce, che avrebbe dovuto essere il primo a essere rialzato entro l’estate. L’indicazione della Bce sui tassi, anche all’ultimo direttivo di gennaio, non è cambiata: si manterranno “su livelli pari a quelli attuali almeno fino all’estate del 2019 e in ogni caso finché sarà necessario per assicurare che l’inflazione continui stabilmente a convergere su livelli inferiori ma prossimi al 2% nel medio termine”.
La formula non è cambiata ma lo scenario in cui si inserisce è decisamente più preoccupante e per gli esperti “tutto il tempo necessario”, potrebbe richiedere più tempo del previsto e scattare nel 2020, cioè almeno un anno dopo l’uscita di Mario Draghi, il cui mandato scade a fine ottobre del 2019. Fed e Bce si sono dunque presi una pausa di riflessione sul ritmo della normalizzazione monetaria, ma non sono le sole banche centrali ad averlo fatto. La Banca d’Inghilterra non toccherà i tassi nel vertice della settimana prossima e sui futuri rialzi si regolerà con la Brexit.
Cina e Giappone proseguono gli stimoli
In Asia, le banche centrali di Corea del Sud, Malaysia e Indonesia hanno lasciato fermi i loro tassi questo mese, dopo averli rialzati nel 2018. In Giappone la Boj ha allungato i tempi del rientro dalla deflazione, lasciando intendere che per ora non rivedrà la sua politica monetaria ultra-accomodante, a partire dai tassi negativi, che condivide con la Bce. La banca centrale cinese ha già detto che intende rafforzare gli stimoli all’economia. E su questo giovedì anche la Fed, in un comunicato a parte, ha reso noto che valuterà con prudenza e flessibilità la programmata riduzione dei suo portafoglio titoli, accumulato negli anni della crisi finanziaria e arrivato alla strabiliante cifra di oltre 4.000 miliardi di dollari. Più nel dettaglio ha precisato che potrebbe “aggiustarlo”, cioè frenarne il ridimensionamento, se l’economia Usa dovesse deteriorarsi.
Quali munizioni restano a Francoforte
E la Bce? Il Quantitative Easing, il programma di acquisto di titoli, è finito, ma la Banca Centrale Europea fa sapere di avere ancora parecchie munizioni, a partire dai reinvestimenti e cioè dalla ricollocazione dei titoli in scadenza. Un capitolo a parte lo meritano poi i ‘Tltro’, le aste mediante le quali vengono erogati prestiti quadriennali alle banche dell’Eurozona a tassi ultra-bassi. All’ultima riunione di gennaio non si è presa alcuna decisione, ma gli esperti prevedono che a marzo potrebbe essere annunciata un Tltro o un Ltro, o un mix delle due, con eventuale partenza differita a giugno. Il nome Tltro è astruso, ma si tratta di prestiti agevolati alle banche e dunque di stimoli all’economia, che a marzo potrebbero ripartire.
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