Dal rapporto dell’ufficio studi di Confcommercio emerge che tra il 1995 e il 2017 la quota di valore aggiunto prodotta dai servizi di mercato è aumentata dal 37,1% al 39,7% e che la quota di occupati è passata dal 37,4% al 46,9.
L’economia italiana è sempre più terziarizzata: tra il 1995 e il 2017 la quota di valore aggiunto prodotta dai servizi di mercato dei settori di rappresentanza di Confcommercio (commercio, turismo, servizi, trasporti, professioni) è aumentata dal 37,1% al 39,7%, mentre nello stesso periodo l’industria ha ridotto la sua incidenza dal 29,1% al 23,8%. In generale, il terziario di mercato vale ormai quasi il 40% del totale dell’economia e poco meno del 47% dell’occupazione. È quanto emerge dal rapporto “Il terziario di mercato, una lunga espansione che batte la crisi”, realizzato dall’ufficio studi Confcommercio e presentato in occasione dell’assemblea generale della Confederazione. Si tratta di una tendenza confermata in modo ancor più evidente dal contributo che i servizi di mercato danno alla creazione di posti di lavoro. Sempre tra il 1995 e il 2017, infatti, la relativa quota di occupati è passata dal 37,4% al 46,9%, con un incremento complessivo di oltre 740 mila occupati negli ultimi tre anni, 50 mila dei quali nel solo nel commercio al dettaglio. Da parte sua, il contributo del manifatturiero si è ridimensionato dal 27,1% del 1995 al 21,7% del 2017, con 60 mila posti in meno di lavoro nel triennio 2014-2017. Tra i molti dati contenuti nello studio spiccano poi un paio di novità da sottolineare: nei 23 anni presi in considerazione la nuova componente della rappresentanza di Confcommercio – le professioni – ha accresciuto il suo peso nel sistema economico, sempre in termini di valore aggiunto, passando dal 9,8% al 13%, mentre nel triennio di ripresa 2014-2017 è aumentata la produttività del commercio al dettaglio (più 13,4%), realizzata con una crescita dell’occupazione pari 50 mila unità. Passando alla situazione economica generale, l’ufficio studi Confcommercio sottolinea che nella prima parte del 2018 l’economia è in rallentamento, con una crescita che a fine anno sarà intorno all’1%, mentre peggiora il clima di fiducia di famiglie e imprese. Tra le principali cause della bassa crescita ci sono i difetti strutturali del nostro Paese, come l’eccesso di tasse e burocrazia e i deficit di legalità, infrastrutture e capitale umano. È un’economia frenata la nostra, quindi, che ci colloca alle spalle dei principali partner europei: nel 2014-2017 la produttività del lavoro è cresciuta nel nostro Paese di appena lo 0,3%, dieci volte meno rispetto alla Germania (più 3,3%), alla Francia (più 3,1%) e alla media dell’area euro (più 3%).