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Lega e M5S: dal fisco agli 80 euro, la guerra dei dossier

VERSO LA MANOVRA

La Lega tira dritto sulla flat tax ma Tria e M5s puntano alla riforma progressiva delle aliquote Irpef. Piano Di Maio da 4 miliardi per compensare il salario minimo. Il Carroccio: bonus Renzi da maggiorare

di Giovanni Parente e Marco Rogari

28 luglio 2019


Salvini: restiamo se tagliamo le tasse

3′ di lettura

Una partita con tanto di entrate a gamba tesa. Che condiziona la definizione della manovra, e non solo. La riforma del fisco continua ad essere un oggetto di contesa all’interno di Governo e maggioranza. Appaiono distanti se non addirittura opposte le strategie di Lega e Cinque stelle su riassetto dell’Irpef, condoni e bonus 80 euro riconfigurato in funzione del taglio del cuneo fiscale.

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Con il ministro dell’Economia, Giovanni Tria, sempre più nel mirino del Carroccio per i precisi paletti fissati, d’intesa con Palazzo Chigi, sul terreno del nuovo fisco: semplificazione delle aliquote con un immediato alleggerimento per i ceti medi ma negli spazi di bilancio consentiti, ovvero compatibilmente con gli impegni presi sui conti pubblici. Paletti che hanno portato a nuove critiche al ministro da parte del vicepremier Matteo Salvini («la Lega non voterà mai una manovra economica timida e con pochi spiccioli»), fermamente deciso a difendere il progetto di una vera flat tax.

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Non a caso, la tassa piatta è stato il primo capitolo affrontato da Salvini nel tavolo con le parti sociali convocato autonomamente il 15 luglio al Viminale, indispettendo M5S e soprattutto il premier Conte. Che, a sua volta, proprio sul fisco ha chiamato giovedì scorso a Palazzo Chigi sindacati e associazioni di categoria. Un confronto al quale era presente anche Tria che ha prospettato il suo progetto di revisione delle aliquote, simile a quello allo studio dei Cinque stelle che puntano a un’Irpef su tre scaglioni ma con ampliamento della no tax area e inserimento del coefficiente familiare.

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