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Auto elettrica
Dai transistor alle auto elettriche. Dalle operaie-ricamatrici degli anni ’60 del secolo scorso, con una manualità non comune, e comunque rara da poter trovare in un uomo, alle mani super high tech e specializzate dei robot di oggi. Così è cambiata in poco meno di sessant’anni la STMicroelectonics di Catania, per come ce la racconta la pagina “Economia&Imprese” del Sole 24 Ore.
Si tratta di un’azienda di semiconduttori che dal suo storico stabilimento siciliano lancia ora la sfida dei dispositivi in carburo di silicio (SiC)”, un materiale duro come il diamante, trasparente come il vetro e quaranta volte più costoso del silicio stesso. Ma anche molto più performante. “Soprattutto per applicazioni che riguardano la mobilità elettrica”, si legge nell’articolo. Rispetto a un microchip in semplice silicio, uno di quelli che viene realizzato con carburo di silicio può infatti gestire il triplo dell’energia ed essere dieci volte più piccolo e resistente.
Il “super silicio”, su cui si sono intensificati gli sforzi di ricerca e di applicazione di STMicroelectronics, può quindi trattenere più calore, dissipandone meno nell’ambiente. Questo perché, a parità di voltaggio, offre il 90% di resistenza passiva in meno. Una questione di efficienza della materia e al tempo stesso anche di efficientamento della dinamica produttiva. Tanto da poter raggiungere oggi una performance che aumenta dell’80%, e che – se applicata alle auto elettriche – per quei componenti che convertono l’energia in forza motrice “la tecnologia al carburo di silicio permette di aumentare l’autonomia del veicolo del 30%”.
O, addirittura, a parità di resa e di autonomia, di poter installare “batterie più leggere e meno voluminose”. Per l’obiettivo produttivo di poter sfruttare il carburo di silicio è stato lanciato un programma per il quale sono stati stanziati 250 milioni di euro. Così adesso, nel cuore della Sicilia, sta per nascere la “Silicon Carbide Valley”, ramo made in Italy della più conosciuta Silicon Valley californiana. Con l’obiettivo di dar vita ad una nuova era, quella “post silicio”.
“Oggi di fatto lavoriamo con tutti i produttori di auto: da Audi a Bmw, passando per Porsche – spiega al Sole24 Ore Marco Monti, presidente della divisione automotive St -Abbiamo calcolato che utilizzare su un veicolo elettrico componentistica St con tecnologia SiC comporta una spesa aggiuntiva di 300 dollari per veicolo, ma permette di risparmiarne 2mila in produzione, sempre per veicolo. Questo perché si riducono i costi della batteria, che può essere più piccola, si ottimizzano pesi e spazi e anche i sistemi di raffreddamento possono essere ridimensionati, e quindi meno costosi”.
Si stima che il mercato mondiale in questi settori delle applicazioni basate sul carburo di silicio possa valere in un prossimo futuro e nemmeno troppo distante, ovvero nel 2015, 3,7 miliardi di euro. E St punta, per quella data, a conquistarne una quota pari a 1 miliardo. Ed è per questo motivo che l’azienda ha di recent rivisto il proprio piano industriale per intensificare al massimo gli sforzi su questa tecnologia, per la quale ha già investito 250 milioni di euro. La maggior parte dei quali ha riguardato il sito St di Catania, che ha in portafoglio oltre 70 brevetti sul carburo di silicio. Una proprietà intellettuale che ha permesso a St di arrivare sul mercato prima dei concorrenti. L’azienda è poi celebre per aver fornito a metà degli anni 2000 gli accelerometri prima a Nintendo, per la consolle Wii, e poi ad Apple per i primi iPhone.
Al centro ricerca e sviluppo St di Catania studiano le proprietà del carburo di silicio dagli anni ’90. Ma dal 1960, al tempo delle “ricamatrici dei transistor”, lo stabilimento è cresciuto non solo in dimensioni ma prima di tutto in conoscenze, grazie anche ad una fitta rete di rapporti intessuta con il mondo della ricerca. Di fatto, “un ecosistema vivo ancora oggi, che concentra su un’area estesa poche centinaia di chilometri 50 anni di ricerca e sviluppo sui semiconduttori”.
Una rete che va dalle sedi siciliane dell’Istituto nazionale di fisica nucleare (Infn) e dell’Istituto nazionale di astrofisica (Inaf) alle università di Catania, Messina e Palermo. “E che include il Cnr di Catania, con cui St vanta una collaborazione iniziata oltre 20 anni fa”. È questa la qualità che rende unico lo stabilimento di Catania: riunire in un solo luogo ricerca e produzione. Una fabbrica-laboratorio e al tempo stesso anche un laboratorio-fabbrica ad elevata componente tecnologica.
Così come lo è stata nel passato continua ad esserlo nel presente e anche nel prossimo futuro.
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