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Lettere al direttore, ma c’è direttore e direttore: riflessioni su quelli di banca

Un tempo erano figure quasi taumaturgiche come il parroco, il farmacista, il medico condotto, l’avvocato del paese. Oggi sono astuti imbonitori (forse non per colpa loro) e producono nei risparmiatori umilianti “sindromi di Stoccolma”

L’amore-odio per il proprio carceriere è un sentimento antico come il mondo: sai di non avere scampo e l’istinto di sopravvivenza ti porta persino a considerarlo un buon amico. Le recenti e tristissime vicende delle banche italiane ci dovrebbero convincere che il direttore di banca non lo è affatto, ma siccome detiene le chiavi del nostro destino e di quello dei nostri figli in sua presenza affondiamo, come Fantozzi, nella poltrona-sacco, e accettiamo tutte le sue condizioni. Che poi probabilmente non sono sue, ma di chi, sopra di lui, detiene le chiavi del suo destino e di quello dei suoi figli. A monte, il golem del sistema bancario, concepito e alimentato dalle menti più perverse del capitalismo globale: oggi, però, c’è il rischio che il mostro, cresciuto a dismisura, finisca per distruggere i suoi creatori, facendoli travolgere dalla rabbia di chi è stufo di subire. B.S.

 

Caro Direttore,

da molti anni cerco di convincere i miei non più giovani genitori che nel nostro paese, più che dalle turbe dei violenti immigrati o dai politici nemici del popolo, bisogna guardarsi da una categoria impiegatizia all’apparenza innocua, ma in realtà superiore a tutti per brutalità ed insensibilità.

Sto parlando di quella variegata turba di funzionari ben pagati che va sotto il nome di direttore di banca. Tutti, ricchi e poveri, grandi e piccini, ne hanno incontrato almeno uno nella loro vita. Non c’è consorteria professionale più sottilmente esperta nel blandire il risparmiatore inesperto che ne conosca meglio le sue debolezze ed ambizioni. La principale è, ovviamente, quella di volerei arricchire lucrando sul suo stesso denaro, senza fatica, semplicemente aspettando che si moltiplichi da solo, trasformandosi in breve tempo da piccolo gruzzolo a imponente rendita.

Vista la difficoltà che ogni sera incontro nel far capire che con un direttore di banca non è in alcun modo possibile, o naturale, coltivare una relazione ispirata alla fiducia o alla stima reciproca, mi permetta di lanciare un messaggio stile “pubblicità progresso”, messaggio che non potrebbe essere lanciato dalle pagine dei grandi giornali o dalle grandi televisioni, dove le banche riversano milioni di pubblicità.

La figura in questione ha del luciferino per la prontezza imprevedibile con la quale trasforma la parvenza di disponibilità e comprensione in ferina insensibilità verso le disgrazie della vittima. Ci sono bambini cresciuti con l’immagine del suo paterno e benevolo sorriso regalato in occasione dei periodici depositi. Di fronte al contratto di mutuo o al finanziamento serenamente elargito, ne hanno apprezzato la comprensione: quasi un angelo piovuto dal cielo. Ma alla prima rata violata, ecco emergere il disprezzo, la fastidiosa impazienza verso un uomo che si è trasformato improvvisamente in un risultato negativo.

Se gli odiati dipendenti pubblici, i fannulloni celebrati dalla propaganda di un ex-ministro della funzione pubblica anticipatore dell’odierno populismo, sono pagati con le tasse del popolo, questi diabolici rastrellatori di denaro vivono con i soldi che raccolgono dalle loro stesse vittime.

C’è forse un esempio più chiaro di lupo travestito da agnello? Esiste una categoria di personaggi tanto pericolosi eppure tanto amati ed onorati dalle loro stesse vittime?

Con tanta stima,

L. Z.

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