In 370mila svolgono le nuove professioni senza essere iscritti ad albi o ordini: sono 141mila in più tra il 2008 e il 2017 . Ma il loro reddito medio pro capite è sceso del 24,5% attestandosi a circa 16.200 euro
di Giorgio Pogliotti
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Cresce il peso delle nuove professioni nel mercato del lavoro; sono quasi 370 mila tra free lance, professionisti indipendenti non iscritti ad albi o ordini, con un aumento di 141mila unità nell’arco temporale che va dal 2008 al 2017 (+62%). Questa crescita numerica non è, però, accompagnata da un analogo andamento del reddito medio pro capite che per i professionisti non ordinistici si è ridotto di circa un quarto, scendendo del 24,5% nei 9 anni presi a riferimento, attestandosi a circa 16.200 euro (nel 2017). Segno di come la crescente pressione concorrenziale abbia prodotto un impoverimento dei loro redditi individuali.
È una ricerca di Confcommercio ad accendere i riflettori sulle professioni non ordinistiche: nel 2008 i liberi professionisti erano 1,156 milioni (pari al 5% degli occupati), nel 2017 sono arrivati a 1,399 milioni (6,1%). Di questi oltre un milione sono iscritti agli ordini e quasi 370mila sono professionisti non organizzati in ordini. Nei 9 anni presi a riferimento dalla ricerca i professionisti sono aumentati di 243mila unità (+21%), questo incremento è per buona parte attribuibile proprio ai non iscritti agli ordini (+141mila).
In forte crescita i servizi alla persona e l’assistenza
Nella categoria delle professioni non ordinistiche rientrano le figure regolamentate – come guide turistiche e amministratori di condominio – e non regolamentate come consulenti tributari, informatici, wedding planner, designer, grafici, formatori, professionisti Ict, consulenti di management. I nuovi professionisti si inquadrano per la quasi totalità (98,1%) nei servizi di mercato, la metà opera nelle attività professionali, scientifiche e tecniche che tra il 2008 e il 2017 hanno fatto registrare un incremento del 50%.
Nei 9 anni presi a riferimento sono in forte crescita tutte quelle attività complementari ai servizi alla persona, come l’istruzione (il numero dei professionisti è aumentato del 170%), sanità e assistenza sociale (+110%), attività artistiche, sportive, di intrattenimento e divertimento (+77%).
I servizi rappresentano il 73,2% degli occupati
Guardando l’andamento dell’occupazione settoriale, in Italia nel 1960 i servizi rappresentavano il 35,4% degli occupati (contro il 33,2% dell’agricoltura e il 31,4% dell’industria), nel 2007 sono arrivati al 69%, per raggiungere il 73,2% (contro il 23,1% dell’industria e il 3,7% dell’agricoltura).