LEGGI ANCHE / BTp, la frenata dei tassi regala al governo M5S-Pd un bonus da 15 miliardi
In casa cinque stelle invece la priorità è la riduzione della pressione fiscale sulle imprese, e la si lega, a doppio filo, all’introduzione del salario minimo. Anche ieri Luigi Di Maio, parlando della prossima manovra, ha ribadito la necessità di interventi rivolti alle imprese. La proposta “grillina” di riduzione del cuneo fiscale-contributivo resta quella anticipata per sommi capi alle parti sociali nell’incontro a palazzo Chigi dello scorso 25 luglio. Si tratta di esonerare i datori di lavoro dal versamento del contributo dell’1,61% della retribuzione destinato alla Naspi e di quello del 2,75% per la disoccupazione agricola, ma soltanto per i lavoratori a tempo indeterminato. Una soluzione che costerebbe tra i 4 e i 5 miliardi, ma che è stata accolta con freddezza da imprese e sindacati, anche perché la riduzione del costo del lavoro per le aziende sarebbe messa a carico della fiscalità generale. Non solo, il disco rosso delle parti sociali si è alzato anche nei confronti del salario minimo legale, altro tema di confronto, non proprio in discesa, tra grillini e dem. I primi rilanciano il Ddl Catalfo, e i 9 euro lordi l’ora validi ex lege per tutti. I democrat chiedono invece di non spiazzare i Ccnl. Qui un possibile punto di mediazione potrebbe essere quello di affidare a una commissione di esperti l’indicazione di un salario minimo che non confligga con i singoli Ccnl.
SCOPRI DI PIU’ / M5S-Pd, perché l’ultimatum di Di Maio non è sui 20 punti del programma
Il capitolo “costo del lavoro”, probabilmente, entrerà nel vivo nelle prossime settimane, quando si conoscerà la dote per finanziare l’intervento (già sulla legge di Bilancio gravano 23 miliardi per sterilizzare gli aumenti dell’Iva, e altri 2-3 miliardi per le spese indifferibili).
In caso di risorse limitate, almeno tra i tecnici di area dem e M5S, non è a oggi escluso a priori un taglio al cuneo più limitato, magari concentrato sui giovani, potenziando l’attuale esonero triennale per le assunzioni stabili degli under35 (esonero del 50% dei contributi fino a 3mila euro annui). Fatto sta che l’esigenza di un serio intervento al costo del lavoro non è più rinviabile. Lo dicono i numeri. In Italia il tax wages, fonte Ocse, è tra i più elevati al mondo. E l’impatto sulle imprese di questa “zavorra” è davvero notevole. Nei mesi scorsi il CsC lo ha ben evidenziato: per riconoscere, ad esempio, una retribuzione netta di mille euro, l’imprenditore sostiene un costo reale di 1.828 euro. E la “zavorra” sale al crescere dello stipendio.