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Manovra, ecco come il Governo punta a bloccare gli aumenti dell’Iva

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Gli incontri a Palazzo Chigi con le parti sociali iniziati oggi puntano a «varare in anticipo la manovra». Ma questo «anticipo» non potrà scattare prima di settembre, quando arriveranno i dati aggiornati sulle entrate fiscali e sulle spese effettive per reddito di cittadinanza e pensioni, dati chiave da cui partire per il programma da inviare a Bruxelles.

Rispondendo al question time alla Camera il premier Conte prova a fissare l’agenda della legge di bilancio. L’idea di tagliare i tempi risponde al pressing continuo della Lega, ma l’appuntamento comunque all’autunno è in linea con le indicazioni del ministro dell’Economia Tria. Anche perché lo stesso meccanismo dei confronti fra governo e parti sociali continua a essere confuso. Oggi Conte ha iniziato i workshop a Palazzo Chigi, ma la stessa platea è già stata consultata due settimane fa al Viminale dove dovrebbero tornare il 6 agosto prossimo.

In un parallelismo che per ora caratterizza tutti i lavori preparatori alla legge di bilancio, compresi i tavoli al ministero dell’Economia dove si confrontano le ricette di Lega e Cinque Stelle su riforma fiscale, tax expenditures e spending review, Sud investimenti e privatizzazioni. E proprio le privatizzazioni, spiega Conte a Montecitorio, torneranno in discussione in autunno con «un piano definitivo», a conferma che i 18 miliardi messi in programma quest’anno per chiudere l’accordo di dicembre con la Ue paiono destinati a restare confinati nella carta dei documenti di finanza pubblica.

La riforma fiscale rimane ovviamente la protagonista, sia negli incontri a Palazzo Chigi sia nei tavoli tecnici al ministero dell’Economia che oggi si sono concentrati sulla revisione delle tax expenditures. Proprio dagli interventi su deduzioni e detrazioni, nei diversi piani del governo, dovrebbe arrivare una quota importante delle coperture per la manovra, il cui primo compito sarà lo stop agli aumenti Iva da 23,1 miliardi. Sul punto Conte ribadisce la linea indicata nelle scorse settimane dal ministro dell’Economia, indicando «tre direttrici» per fermare gli aumenti: la spending review, che dovrà agire su uscite «valutate complessivamente nell’ordine di 320 miliardi», il taglio di deduzioni e detrazioni, lavorando su «un perimetro che abbiamo definito in 50 miliardi» e gli effetti 2020 prodotti dall’aumento delle entrate fiscali e dalle minori spese per reddito e pensioni.

Ovviamente i “perimetri” offrono solo il terreno di gioco per il lavoro sulla manovra, che dovrà accontentarsi di numeri molto più piccoli: ottenere 4-5 miliardi dalle tax expenditures, come da obiettivi circolati in queste settimane, significa ridurre del 10% gli sconti fiscali oggi considerati aggredibili, e a un target più o meno uguale (e ambizioso) punta la nuova fase di spending review. Ma oltre ai numeri, tutto da trovare è l’accordo sulle leve da azionare per arrivarci: i Cinque Stelle stanno chiudendo con i tecnici Mef il dossier sugli sconti alle attività considerate «inquinanti», mentre la Lega ragiona su una revisione complessiva da accompagnare con il taglio di aliquote.

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