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Manovra, negli ultimi 4 anni l’Ue ha concesso all’Italia 30 miliardi di flessibilità

verso l’eurogruppo

L’Ue ha concesso all’Italia 29,7 miliardi di flessibilità nel quadriennio 2015-2018. Si può aprire una discussione su come questo spazio aggiuntivo di bilancio sia stato utilizzato (si è finanziata spesa corrente e si è evitato l’aumento dell’Iva). Fatto sta che l’Italia è il paese che ne ha maggiormente beneficiato

di Dino Pesole

12 settembre 2019


Conte alla Camera punta su manovra, dl sicurezza e patto Ue

3′ di lettura

Se il mandato che la neo presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen ha assegnato al prossimo commissario all’Economia Paolo Gentiloni sarà quello di «assicurare l’applicazione del Patto di stabilità usando tutta la flessibilità permessa dalle regole», il Governo non potrà che muoversi entro tale perimetro. E dunque tra breve, nel mettere a punto la Nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza e poi con la definizione della legge di Bilancio, dovrà presentare a Bruxelles un piano dettagliato di riforme strutturali e di investimenti (soprattutto collegati con l’economia digitale e la Green economy) per ottenere i necessari spazi fiscali .

In tal modo, attraverso la leva del maggior deficit e comunque entro il limite massimo dello 0,75% del Pil, pari a circa 12 miliardi, potrà disinnescare le clausole di salvaguardia (che valgono 23,1 miliardi) finanziando la parte restante della manovra con interventi sulla spesa e maggiori entrate ricavate dalla lotta all’evasione fiscale. È la strada seguita dai governi Renzi e Gentiloni. Spesso nel dibattito politico si attribuisce a Bruxelles la responsabilità di aver perseguito una politica di austerità a senso unico. La realtà è che il set di regole erette a difesa della stabilità dell’eurozona su input della Germania negli anni della crisi (Fiscal compact, Two Pack, Six Pack) è stato sottoposto a un primo restyling con la “Comunicazione sulla flessibilità” del gennaio 2015. Per quel che riguarda il nostro paese, la nuova linea adottata dalla Commissione europea con l’assenso dei governi si è tradotta in 29,7 miliardi di flessibilità accordata dal 2015 al 2018. Si può aprire una discussione su come questo spazio aggiuntivo di bilancio sia stato utilizzato (si è finanziata spesa corrente e si è evitato l’aumento dell’Iva). Fatto sta che l’Italia è il paese che ne ha maggiormente beneficiato.

Se a tale somma si aggiungono anche i 3,2 miliardi “prenotati” nell’anno in corso dal governo Conte 1 per le spese di ricostruzione del ponte Morandi, si arriva a circa 33 miliardi. Spazi di manovra concessi a fronte di impegni assunti sul versante delle riforme strutturali e degli investimenti, in particolare per effetto dell’approvazione del Jobs act. Impegni non sempre rispettati peraltro. In alcuni casi la Commissione europea ha volutamente sorvolato sull’effettivo stato di avanzamento delle riforme promesse e degli investimenti annunciati. Come nel caso della “clausola per gli investimenti”, accordata nonostante nel 2016 non si registrò l’”effetto incrementale” richiesto rispetto all’anno precedente.

In sostanza Bruxelles ha chiuso un occhio su 3,2 miliardi, prendendo per buona l’obiezione del governo Renzi che aveva inserito nell’aggregato di spesa sugli investimenti fissi lordi (al netto delle dismissioni immobiliari), anche i contributi agli investimenti alle imprese escludendo la quota finanziata dalla Ue. Ma anche il finanziamento del bonus studenti iscritto alla voce “sicurezza” per 500 milioni, venne autorizzato con non poche perplessità. Tutto fa ritenere che con l’arrivo di Paolo Gentiloni alla guida del portafoglio dell’Economia e con la nomina di Roberto Gualtieri al ministero dell’Economia si provi a percorrere anche quest’anno la strada della flessibilità.

Si potrà contare sulla ritrovata sintonia tra Roma e Bruxelles, dopo oltre un anno di scontri e contrapposizioni che hanno per due volte portato il nostro paese a un passo dall’apertura di una procedura d’infrazione per disavanzo eccessivo causato dalla violazione della regola del debito. E proprio per quel che riguarda il debito – lo ha espressamente osservato il presidente del Consiglio Giuseppe Conte al termine del suo primo tour a Bruxelles dopo aver ottenuto la fiducia al nuovo governo – nella legge di Bilancio e ancora prima nella Nota di aggiornamento al Def – dovrà esservi un chiaro e credibile impegno alla sua riduzione, anche se con un timing che potrà essere rivisto. E’ la chiave di volta per ottenere flessibilità. Altrimenti sarà molto complicato superare le obiezioni dei paesi più rigoristi, che peraltro ora troveranno una sponda ancora più autorevole nel vice presidente esecutivo della Commissione, Valdis Dombrovskis, niente affatto disposto a concedere sconti “a prescindere”, a un paese come l’Italia che fatica a riprendere la strada della crescita ed alle prese con un gigantesco debito pubblico. Il tutto mentre procederà in parallelo la prima importante revisione delle regole europee (in discussione nel fine settinana all’Ecofin informale di Helsinki): aggiornamento della regola della spesa, un avvio di golden rule sugli investimenti, nuovi criteri di definizione dei debiti pubblici nazionali, così da superare tra l’altro l’annoso contenzioso sul calcolo del cosiddetto Pil potenziale.

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