Il conto tornerà al centro del consiglio dei ministri in programma lunedì sera
di Marco Rogari e Gianni Trovati
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Tasse. Ad alzare la temperatura nel governo è la parola magica per partiti e movimenti all’eterna ricerca del consenso giorno per giorno. Parola evocativa per la politica: ma anche decisiva per il quadro complicato delle coperture della manovra.
In gioco, nelle tensioni incrociate fra Cinque Stelle, Italia Viva, Pd e Leu ci sono misure chiamate a portare almeno due miliardi per il 2020, fra tasse ambientali, stretta sul forfait delle partite Iva, misure antievasione negli appalti e ritocchi fiscali sulla casa, dalle ipocatastali a 150 euro fino alla cedolare sugli affitti calmierati portata al 12,5%. Le entrate in bilico raddoppierebbero sul 2021.
Cdm lunedì sera
Il conto, destinato a tornare al centro del consiglio dei ministri previsto lunedì 21 ottobre alle 19, non considera la stretta al contante, contestatissima dai Cinque Stelle e accolta con molta freddezza da Italia Viva. Perché l’abbassamento del tetto all’utilizzo delle banconote, così come le nuove soglie per i reati fiscali proposte dal ministro della Giustizia Bonafede, non sono “cifrate”, cioè non sono accompagnate da stime ufficiali sul possibile gettito aggiuntivo. E nemmeno potrebbero. Lì, il dibattito è tutto politico. E a confermare la distanza fra questo scontro e i numeri di bilancio c’è l’unica misura accompagnata da cifre: la sanzione per gli esercenti che rifiutano di porgere il Pos per i pagamenti. La mossa serve ad attuare davvero l’obbligo introdotto nel 2012, ma dal punto di vista del gettito è praticamente irrilevante: 4,5 milioni.
Sugar e Plastic Tax
Quando si scorrono le tabelle del programma di bilancio inviato alla commissione Ue, allora, l’elenco degli inciampi che agitano la maggioranza giallorossa deve partire dalle tasse ambientali. Perché Italia Viva contesta la Sugar Tax, l’accisa da 10 euro a ettolitro sulle bibite addolcite da zuccheri aggiunti. E più di un naso, non solo alla Leopolda, si è storto anche intorno alla Plastic Tax, l’imposta da un euro al chilo che si dovrebbe applicare agli «imballaggi»: nome che il linguaggio tecnico affibbia anche a bottigliette e contenitori monouso (i cosiddetti «imballaggi primari»), oltre che alle confezioni (imballaggi secondari) e agli involucri industriali (imballaggi terziari). Dall’accoppiata delle tasse verdi il governo si attende 1,2 miliardi nel 2020, quando però sarebbero applicate da metà anno. Il loro aiuto ai conti pubblici dovrebbe quindi arrivare fino al raddoppio nel 2021, al netto però dell’effetto che le due tasse avrebbero sui sistemi di produzione e sulle abitudini di consumo. Se fossero efficaci, aiuterebbero di più l’ambiente e meno i conti.
Il nodo delle partite Iva
L’altro corno della battaglia fiscale accesa dalla manovra è quelllo degli autonomi. «Giù le mani dalle partite Iva», ha tuonato anche ieri l’M5S che dodici mesi fa aveva approvato il forfetario al 15% per i ricavi o compensi fino a 65mila euro e la promessa del 20% per quelli fino a 100mila euro a partire dal 2020. Il capitolo Flat Tax della manovra in costruzione prevede due mosse: l’addio al secondo modulo, e per il forfait già in vigore nuovi limiti a dipendenti e spese per beni strumentali insieme all’introduzione del regime analitico sui redditi sopra a 30mila euro. Queste misure, spiega il Dpb, valgono 250 milioni l’anno prossimo e 1,8 miliardi nel 2021, questi ultimi prodotti soprattutto dallo stop al 20%. Ma il problema di questi giorni è il 2020, e i malumori si concentrano sull’analitico, al punto che già si fa largo l’ipotesi di un correttivo con l’opzione per il forfait (Sole 24 Ore di ieri).