Un accordo economico immediato, in attesa dell’avvio delle trattative per il rinnovo
del contratto, per recuperare gli arretrati e adeguare gli stipendi dei medici dipendenti del SSN all’aumento
dell’inflazione. È la proposta presentata da Guido Quici, Presidente del sindacato dei medici dipendenti del
SSN CIMO-FESMED, analizzando l’attuale situazione economica e del comparto che rappresenta: a fronte di
un’inflazione che a marzo ha raggiunto il 6,7% e di una perdita di potere d’acquisto galoppante, che si
sommano ai 15.700 euro persi pro capite dal 2010 al 2019 a causa del taglio ai fondi per il trattamento
accessorio, nel 98% degli ospedali pubblici italiani ai medici si continua ad applicare il contratto collettivo
nazionale di lavoro 2006-2009, rinnovato nel 2019 dopo dieci anni di blocco contrattuale ma ad oggi
rispettato solo in due aziende che hanno concluso le trattative decentrate. E del CCNL 2019-2021 non si
vede nemmeno l’ombra.
«È uno scenario che rende dunque necessario un intervento straordinario. Considerato che nel DEF
approvato nei giorni scorsi dal Consiglio dei Ministri si suppone che il perfezionamento dei contratti della
dirigenza sanitaria relativi al triennio 2019-2021 avverrà nel 2023, non si può più attendere. Chiediamo
quindi una soluzione ponte, sull’esempio di accordi simili raggiunti in passato con altre categorie, per
ristabilire delle retribuzioni che siano al passo con lo scenario attuale», prosegue Quici.
«Inoltre – aggiunge – l’aumento dell’inflazione cui stiamo assistendo dovrebbe far riflettere sull’opportunità
di rivedere le regole della contrattazione collettiva, negoziando gli incrementi salariali ad intervalli di tempo
più ravvicinati in modo da evitare importanti cadute del potere d’acquisto in caso di improvvise variazioni
del costo della spesa: la strada da percorrere è un adeguamento biennale, o addirittura annuale, delle
retribuzioni, come avviene in molti Paesi d’Europa», conclude il Presidente CIMO-FESMED.