(ANSA) – ROMA, 16 OTT – Le donne rappresentano, in Italia,
circa il 35% del pubblico impiego nel settore Pubblica
amministrazione e difesa, previdenza sociale e obbligatoria, un
dato “tra i più bassi d’Europa”, secondo il Bilancio di genere
del ministero dell’Economia, che cita dati aggiornati al 2018. “Le donne costituiscono, invece, spesso oltre tre quarti del
lavoro nell’Istruzione e ancora di più nella Sanità”, si legge
nel testo, ma anche in questi campi i dati indicano “più
limitate prospettive di carriera rispetto ai colleghi uomini”.
“Nella sanità le donne sono nettamente prevalenti nelle
professioni infermieristiche – continua – e nell’istruzione tra
i docenti delle scuole primarie e secondarie. Medici e
professori universitari sono prevalentemente uomini”.
In generale, la differenza tra l’occupazione femminile e
quella maschile è in lieve riduzione nel 2019 fino a 17,9 punti
percentuali, ma rimane maggiore di 7,5 punti percentuali
rispetto alla media dell’Unione europea. “Continuano ad
aumentare le donne che lavorano ma molta strada rimane da fare
per favorire il loro accesso al mercato. Sono soprattutto le
donne tra i 45 e i 54 anni – scrive il Mef – a contribuire alla
maggiore occupazione femminile; rimangono indietro le più
giovani e le residenti al Sud e nelle Isole”, In questo contesto, dal rapporto emerge che possibile ridurre
il divario di genere senza aumentare le spese di bilancio dello
Stato. E’ quanto scrive la sottosegretaria al ministero
dell’Economia, Maria Cecilia Guerra, nella premessa al documento
sottolineando che :”le spese del bilancio dello Stato mirate a
ridurre diseguaglianze di genere sono stimate nell’ordine dello
0,3% del totale (al netto delle spese per il personale) e sono
concentrate in pochi ambiti”.
Esiste però “un’area rilevante del bilancio”, pari al 16,5%
delle spese che potrebbero avere effetti indiretti, “in cui si
possono produrre effetti positivi sulla riduzione delle
diseguaglianze di genere senza necessariamente generare nuovi
oneri”. (ANSA).
Fonte Ansa.it