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Mercatone Uno fallita: 1860 lavoratori a rischio

Shernon Holding, la società che gestiva i punti vendita di Mercatone Uno, è stata dichiarata fallita. E 1860 dipendenti in tutta Italia rischiano il posto. Lo rende noto la Filcams-Cgil di Reggio Emilia con una nota. Davanti a numerosi negozi chiusi sono in corso presidi e sit-in dei lavoratori che sono venuti a conoscenza del fallimento via Facebook nella notte. «Non c’è stata nessuna comunicazione ufficiale da parte dell’azienda», ha spiegato Luca Chierici, segretario della Filcams di Reggio Emilia al sit in del negozio di Rubiera. Shernon Holding aveva acquisito i 55 punti vendita meno di un anno fa e circa un mese fa aveva presentato domanda di ammissione al concordato preventivo.

DI MAIO ANTICIPA IL TAVOLO AL 27 MAGGIO

«Da ministro del Lavoro non posso che essere preoccupato per la notizia della chiusura dei punti vendita Mercatone Uno in tutta Italia a causa del fallimento della Shernon Holding Srl», ha scritto su Facebook il ministro Luigi Di Maio che ha annunciato di aver anticipato a lunedì 27 maggio il tavolo sulla vertenza al ministero originariamente fissato per il 30. Tavolo, si legge nel post, «che servirà prima di tutto a salvaguardare i posti di lavoro dei dipendenti di Mercatone Uno, ma anche a fare chiarezza sulla responsabilità della proprietà nella loro gestione»

500 FORNITORI COINVOLTI PER UN INDOTTO DI 10 MILA LAVORATORI

Oltre agli oltre 1.800 lavoratori, il fallimento preoccupa le 500 aziende fornitrici che vantano crediti non riscossi per circa 250 milioni di euro. Di fronte alla sentenza, l’Associazione fornitori Mercatone Uno rende noto di seguire attentamente «il percorso giuridico che si evolverà, soprattutto per capire le conseguenze tra questo fallimento e il procedimento di amministrazione straordinaria del Gruppo Mercatone, al fine di tutelare i crediti dei propri associati e i livelli occupazionali». I fornitori, ha dichiarato William Beozzo, direttore dell’associazione, «hanno sempre manifestato a tutti gli organi competenti le proprie perplessità sull’operazione con Shernon Holding. Sono stati persi altri 8 mesi e ulteriori risorse finanziarie. Ricordiamo che in gioco non ci sono solo i 1.860 dipendenti del Gruppo, a cui mandiamo tutta la nostra solidarietà, ma anche tutti i dipendenti delle nostre aziende, un indotto che coinvolge in Italia quasi 10 mila persone».

CLIENTI SUL PIEDE DI GUERRA PER GLI ACCONTI VERSATI

Ma c’è un problema serio anche con la clientela, racconta ancora Chierici, «molta gente si è presentata sabato mattina nei punti vendita per ritirare merce sulla quale aveva già versato degli acconti nei giorni scorsi per migliaia di euro. Le persone, trovando il negozio chiuso, in alcuni casi se la prendono con i dipendenti che ovviamente non hanno alcuna responsabilità». Scene analoghe si stanno ripetendo anche negli altri punti vendita in giro per l’Italia. «Al momento non sappiamo se domani o lunedì saranno in grado di riaprire, abbiamo provato a contattare il curatore fallimentare, ma invano» ha aggiunto il sindacalista.

DALL’AMMINISTRAZIONE STRAORDINARIA AL FALLIMENTO

La Sharnon aveva acquisito lo scorso anno dalla ditta Mercatone in amministrazione straordinaria 55 punti vendita, con l’obbligo assuntivo di oltre 2 mila lavoratori. «In realtà, sino a questo momento», sottolineano i sindacati, «la stessa era subentrata solo in 47 punti vendita con l’impiego di oltre 1.800 risorse umane». Già nei primi mesi dell’ingresso di Shernon «buona parte dei soci che avevano costituito la società ad hoc per l’acquisizione sono fuoriusciti dall’asset societario, senza destare alcun allarme da parte dei commissari che erano preposti a sovrintendere le operazioni. Col passare del tempo, la mancanza di finanziamenti e di liquidità ha fatto sì che, già negli ultimi mesi del 2018, la merce nei magazzini, e di conseguenza nei negozi, cominciasse a scarseggiare». A marzo 2019, prosegue la ricostruzione, «i punti vendita risultavano sprovvisti di merce e la stessa non veniva più consegnata sebbene già venduta e pagata dagli acquirenti. Nell’incontro tenutosi a marzo fra Filcams, Fisascat, Uiltucs e l’ad di Shernon, quest’ultimo preannunciava un’imminente capitalizzazione della Shernon e informava le rappresentanze sindacali in merito a una non meglio precisata trattativa con potenziali investitori. La ricapitalizzazione annunciata doveva esser effettuata entro la fine di marzo e presupponeva un investimento pari a circa 20 milioni di euro, cifra che, da subito le organizzazioni di categoria hanno ritenuto assolutamente insufficiente a garantire la ripresa dell’azienda. A metà aprile, senza darne informazione alcuna, nemmeno al Mise, l’azienda ha presentato istanza di concordato preventivo presso il Tribunale di Milano».

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