L’Ocse rivede al rialzo le stime del Pil italiano, pur restando più severa rispetto alle previsioni delle altre maggiori istituzioni e del Governo. Nell’Economic Outlook semestrale, l’Organizzazione prevede una stagnazione dell’attività economica nel 2019 contro il calo dello 0,2% indicato a marzo – e dopo un +0,7% nel 2018 -, seguita da un’espansione dello 0,6% nel 2020. Il deficit/Pil è pronosticato al 2,4% quest’anno e al 2,9% il prossimo, dopo le misure di spesa sociale, cioè il reddito di cittadinanza e quota 100. Il debito/Pil dovrebbe salire al 134,1% dal 132,2% del 2018 per poi toccare il 135,5% «a causa della bassa crescita, dell’aumento dei costi per gli interessi e del maggiore deficit».
L’Ocse presuppone che il Governo attuerà solo circa metà del previsto aumento dell’Iva nel 2020, che ammonta all’1,3% del Pil in totale. Tra gli altri dati spicca l’incremento della disoccupazione dal 10,6% del 2018 all’11,7% atteso quest’anno fino al 12,3% del prossimo. «L’elevato debito pubblico rende l’Italia vulnerabile ai cambiamenti dei tassi d’interesse», ammonisce il rapporto. La spesa pubblica deve diventare più efficiente e mirata, «con un sistema di tassazione dei redditi personali più giusto e progressivo». Il forte aumento della spesa sociale «contribuirà ad alleviare la povertà», ma la spesa «deve essere equa a livello inter-generazionale», sottolinea inoltre l’Ocse.
Mauro Pisu, l’economista che guida il desk Italia e Grecia all’Ocse, in un colloquio con Il Sole 24 Ore Radiocor spiega il punto di vista dell’Organizzazione e i motivi del rialzo delle stime del Pil, che passa dalla recessione a una comunque non entusiasmante stagnazione. Il cammino suggerito dall’Ocse per rilanciare la crescita dell’Italia è in collisione, o quasi, con molte delle iniziative del Governo in tema di economia e welfare.
La ricetta suggerita è di abolire quota 100, ricalibrare il reddito di cittadinanza e lasciar perdere “flat tax” e condoni; puntare, invece, sulla riforma della tassazione e dei trasferimenti per favorire il lavoro e tenere sotto controllo la spesa pubblica.
La crescita 2019 «è stata rivista dopo la stima preliminare del primo trimestre, che è pari a +0,2%, migliore del previsto», spiega Pisu. Detto questo, «i dati sulla fiducia delle imprese, dei consumatori e sugli ordinativi dell’industria e sul credito alle imprese non sono così positivi e si prospetta quindi un secondo trimestre piuttosto debole, indicativamente a -0,3%, e anche un terzo trimestre abbastanza debole. Poi la crescita dovrebbe riprendersi», pur restando «bassa a causa della bassa crescita potenziale».
Sul fronte dei conti pubblici, l’Ocse presuppone che venga implementato all’incirca metà dell’aumento Iva previsto dalle clausole concordate con la Ue, per quanto alcuni membri del Governo assicurino che non ci sarà alcun aumento, perchè «prendiamo in considerazione le leggi che il Parlamento italiano ha approvato, quello fa testo e le politiche che l’Italia dovrebbe implementare dicono che l’Italia aumenterà l’Iva nel 2020», anche se non per l’intero importo previsto che sarebbe veramente alto, spiega Pisu.
Se l’Italia non aumentasse l’Iva e in assenza di misure compensative, «il deficit sfonderebbe il 3%, arrivando al 3,3-3,4%». Ma l’Ocse si aspetta che il Governo non supererà la soglia del 3%, «perché un confronto con la Ue avrebbe conseguenze estremamente negative sullo spread. Qualsiasi cosa si guadagni in termini di spazio fiscale con la non-implementazione di alcune misure, verrebbe persa a causa dell’aumento dello spread», aggiunge l’economista. Già adesso, la spread a 280 «mostra che c’è una certa pressione, in parte causata da dichiarazioni contrastanti da membri del governo sul deficit. Appare una certa confusione nel Governo e i mercati lo percepiscono», è l’annotazione.
E se il Governo dovesse cadere? «Non facciamo previsioni politiche, presupponiamo che il Governo ci sarà, se poi ci dovessero essere elezioni durante il budget, sarebbe tutto più complicato».
Tra le previsioni Ocse spicca anche l’aumento al 12,3% della disoccupazione nel 2020. Questo avverrà per effetto del reddito di cittadinanza, perché «molte delle persone che lo percepiranno dovranno essere iscritte nelle liste dei disoccupati. Si tratta di circa 400mila persone sul milione di famiglie che dovrebbero ricevere il reddito», spiega Pisu. È sempre estremamente critico il giudizio su quota 100, che «avrà l’effetto di diminuire gli occupati», il contrario di quanto ha bisogno l’Italia e nel medio termine «peserà notevolmente sulla crescita»”, aggravando gli effetti negativi che già vengono dalla demografia.
Cosa si può fare, invece, per agevolare una maggiore occupazione? «Va risolto il problema della tassazione sul lavoro. In Italia soprattutto il secondo percettore di reddito di una famiglia ha pochi incentivi a entrare sul mercato del lavoro formale, perché la tassazione è alta, sia per i contributi sia per le imposte sul reddito. Noi proponiamo di ridurla tramite una riforma del sistema dei trasferimenti e delle tasse sul reddito personale, così si contrasterebbe anche il lavoro informale».
Pollice verso anche sulla flat tax, che nel caso delle famiglie «va nella direzione di rendere il sistema fiscale meno progressivo e meno equo». Non darà particolari vantaggi alle persone a basso reddito e non le incentiva al lavoro, «mentre andrà a beneficio di coloro che già lavorano e hanno un reddito elevato e ora hanno aliquote del 38-43%». La flat tax, inoltre, nel caso delle aziende crea incentivi per restare piccole, «mentre l’Italia ha bisogno di aziende più grandi per crescere».
Sul reddito di cittadinanza, l’Ocse propone “una ricalibrazione”, con un abbassamento del trasferimento, cioè dei 780 euro, ma con l’introduzione nello stesso tempo di un sussidio al lavoro per i dipendenti a basso reddito, a cui lo Stato invece di imporre tasse, fornirebbe un trasferimento e anche questo favorirebbe l’emersione del nero. Arrivando al salario minimo, «a 9 euro l’ora l’Italia sarebbe ai livelli tra i più alti nell’Ocse sia in parità di potere d’acquisto sia relativamente al salario mediano» e non prenderebbe in considerazione le ampie differenze regionali. «È difficile pensare a un salario minimo che vada bene dalla Sardegna e dalla Sicilia fino a Bergamo e Brescia, dove le condizioni economiche sono estremamente diverse». Si rischia di causare distorsioni sul mercato del lavoro e penalizzare le regioni che già sono in difficoltà, dove le imprese non assumerebbero a quei livelli salariali. Insomma, un altro incentivo a far lavorare in nero.
Quanto all’evasione fiscale, «ci vuole una strategia per ridurla»”. La fattura elettronica “sta funzionando e questo è un buon aspetto”, indica l’economista. Netta la bocciatura sui condoni: «Non va creata l’aspettativa di condoni ripetuti», che potrebbe favorire elusione ed evasione, oltre ad irritare (a dir poco) chi le tasse e le multe le paga regolarmente. «Il debito fiscale non deve essere tagliato, non va condonato», sottolinea Pisu. Quello che serve effettivamente all’Italia è «abolire quota 100. I tre anni per cui è prevista costano già abbastanza. Se dovesse essere resa permanente avrebbe effetti dirompenti sui conti pubblici». Va poi rivisto il reddito di cittadinanza, «ma non per spendere meno, anzi magari spendere qualcosa in più, ma per i sussidi ai lavoratori a basso reddito». Si deve cercare di «tenere sotto controllo la spesa pubblica con la spending review e nel contempo far salire il surplus primario sopra il 2%» mentre nel 2018 era all’1,4% e nel 2019 è stimato in calo all’1,1% e allo 0,7% nel 2020. Con le riforme, «il Pil accelererebbe» e il debito, ora stimato in aumento al 135% nel 2020, prenderebbe, infine, «un cammino discendente».
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