Questo filtro fiscale è tornato nei monitor dei tecnici del Mef alla ricerca di strumenti per sostenere la liquidità delle imprese per due ragioni. Prima di tutto perché tra le risorse bloccate di cui oggi le aziende hanno bisogno come il pane ci sono i pagamenti arretrati delle Pubbliche amministrazioni, una montagna di fatture che negli ultimi anni si è parecchio abbassata ma vale ancora 37 miliardi secondo le ultime stime del ministero dell’Economia (di questi, poco meno di 30 miliardi sarebbero scritti in fatture già scadute). Metà della montagna riguarda pagamenti ai fornitori del sistema sanitario, cioè proprio le aziende a cui spesso oggi vengono chiesti miracoli per consegnare a ospedali e Asl gli strumenti indispensabili per combattere la pandemia. Ma a irrobustire l’ipotesi della sospensione per l’esame fiscale c’è anche la crescente fatica organizzativa delle amministrazioni provate dallo Smart working, e nel caso degli enti locali schiacciate dalla gestione dei bisogni sociali prodotti dal blocco economico.
La catena dei pagamenti interrotta
Il problema è che la catena dei pagamenti si è interrotta in molti punti anche nei rapporti fra privati, e questi inciampi complicano la fedeltà fiscale delle imprese che con meno entrate hanno problemi a versare puntualmente le tasse, con un effetto domino che si chiude appunto con la verifica ex articolo 48-bis. Oltre che con le verifiche fiscali sugli appalti appena confermate ad ampio raggio dall’agenzia delle Entrate.
Ma una sua sospensione non basterebbe da sola a liberare i pagamenti pubblici, perché a loro volta le Pa soprattutto locali stanno vedendo esaurirsi molte loro fonti di entrata. Per questa ragione al Mef studiano anche una replica del decreto sblocca-debiti, con prestiti statali gestiti da Cdp per liberare gli arretrati. Una mossa ambiziosa, che per essere tradotta in pratica ha però bisogno di altre emissioni aggiuntive di titoli di Stato perché non ci sono soldi in cassa. Un bel problema, come sanno al Mef.
Iva agevolata
A cavallo tra fisco e sanità, infine, c’è anche l’idea di prevedere l’Iva agevolata del 5% per mascherine e i cosiddetti presidi Dpi. Con un’avvertenza però: prevedere una norma che non consenta una manipolazione dei prezzi sul materiale sanitario, altrimenti il vantaggio per gli speculatori sarebbe doppio grazie anche all’Iva agevolata.