<br/>Italia è al 27° posto su 37 Paesi e si dimostra ancora debole in materia di sostenibilità. Superiori alla media i valori di integrità e adeguatezza. Al primo posto i Paesi Bassi, ultima la Thailandia
di Davide Colombo
2′ di lettura
L’Italia di “Quota 100” non brilla nella classifiche internazionali. Nonostante il ciclo di riforme della previdenza messo in campo dagli anni ’90 fino al 2011, il nostro Paese continua a mantenersi in coda ai ranking di sostenibilità, adeguatezza e integrità dei sistemi previdenziali. Con tutte le conseguenze che ne derivano sotto il profilo della vulnerabilità dei conti pubblici. L’ultima conferma della debolezza italiana nel mondo delle pensioni arriva con l’undicesimo report realizzato da Melbourne Mercer Global Pension Index (MMGPI). L’Italia occupa il 27° posto in una classifica di 37 Paesi messi a confronto. È 18esima per adeguatezza delle pensioni erogate, al ventesimo posto per integrità (un indicatore che tiene conto del sistema di governance della previdenza pubblica e privata ma anche della fiducia dei cittadini nel modello nazionale) e a fondo scala, come sempre da quando è oggetto di questa ricerca, per la sostenibilità, un parametro che raccoglie indicatori che spaziano dalla demografia agli equilibri macroeconomici fino alle percentuali di adesione ai fondi di previdenza complementare.
Quaranta indicatori a confronto
La classifica è costruita su una quarantina di indicatori e ogni sistema pensionistico viene analizzato con un approccio multidimensionale. Si considera il “pilastro 0”, ovvero la previdenza minima garantita dallo Stato; il “pilastro 1”, ovvero la previdenza pubblica obbligatoria; il “pilastro 2”, ovvero la previdenza complementare collettiva; il “pilastro 3”, ovvero la previdenza complementare individuale e il “pilastro 4” ovvero i risparmi e altre entrate delle famiglie. Sul podio, al primo posto, i Paesi Bassi con 81.0 punti. A seguire, Danimarca e Australia, rispettivamente con 80.3 e con 75.3 punti. L’Italia si trova come detto al 27° posto, con 52.2 punti.
Lavorare di più e costruirsi una pensione di scorta
Il Report incoraggia i Paesi a favorire un consolidamento strutturale dei propri sistemi previdenziali: riflettere sulla necessità di un’età di pensionamento più elevate data la transizione demografica e le maggiori aspettative di vita e una più diffusa adesione individuale e collettiva a fondi pensione. Spiega Marco Valerio Morelli, amministratore delegato di Mercer Italia: «Sebbene l’adeguatezza delle pensioni erogate oggi in Italia sia più che soddisfacente, il valore della macro area sostenibilità ci dice che questo in futuro potrebbe non essere più vero». Le ragioni sono da ricercarsi nella minima adesione a piani pensionistici privati – aggiunge Morelli – «e nel conseguente livello di attività delle pensioni private rispetto ad altre economie di Paesi sviluppati». Secondo Morelli non prendere in considerazione il segnale di attenzione che dal 2014 il Report ci invia sarebbe un errore: «la vera area di miglioramento, per l’Italia, ha a che fare con la mancanza di un approccio multi-pilastro al sistema pensionistico. In una prospettiva di medio-lungo periodo, è arrivato il momento di cercare un nuovo equilibrio, sia per le generazioni anziane, che potrebbero ancora voler contribuire al benessere più ampio del sistema Paese, sia per le giovani generazioni, che rischiano di dover pagare un conto insopportabile».