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Questione di pochi decimali. La revisione al rialzo operata dall’Istat relativamente al Pil del secondo trimestre dell’anno (+0,1% rispetto allo zero precedente) proietta il risultato di fine anno nei dintorni dell’obiettivo appena definito dal Governo con la Nota di aggiornamento del Def.
In poche parole il 2019 si chiuderà con un tasso di crescita dell’economia di poco superiore allo zero (+0,1%). Non è certo una sorpresa, se si considera l’effetto congiunto delle variabili internazionali e interne. Da un lato le conseguenze nefaste della guerra dei dazi tra Stati Uniti e Cina, che ora investe frontalmente l’Europa e l’Italia dopo la decisione del Wto di autorizzare dazi dagli Stati Uniti all’Europa per 7,5 miliardi, la Brexit, il rallentamento della Germania e dell’economia dell’eurozona, ma anche l’inversione del lungo ciclo di crescita dell’economia americana. Dall’altro, il costo in termini di mancata crescita determinato dalla fase di stallo dell’attività del precedente governo che ha preceduto la crisi di agosto.
Due variabili che hanno determinato di fatto una stasi sia dal punto di vista delle aspettative che da quello dei piani di investimento, con evidenti e inevitabili effetti sulla crescita. Il 2019 dunque andrà a chiudersi con un magro risultato, tuttavia temperato da un quadro di finanza pubblica che appare decisamente più incoraggiante rispetto ad alcuni mesi fa. Il che dovrebbe rendere più agevole, soprattutto grazie alla minore spesa per interessi quale frutto della discesa dello spread (6 miliardi in meno nel 2020), rispettare gli obiettivi fissati dalla Nadef con il deficit nominale attorno al 2,2% del Pil.
Il vero punto interrogativo riguarda a questo punto le reali possibilità di riuscire a ottenere un risultato migliore dello 0,6% in termini di incremento del Pil. Risultato che si ottiene sommando allo 0,4% stimato dal quadro tendenziale lo 0,2% atteso dalle misure “espansive” che il governo si accinge ad adottare. In sostanza, il mix tra la neutralizzazione delle clausole Iva e il taglio (ancorchè limitato a 2,5 miliardi e in vigore solo alla metà del 2020) del cuneo fiscale a beneficio dei lavoratori.
Puntare a un livello di Pil programmatico dello 0,6% è forse inevitabile in questo momento, stante le variabili interne e internazionali di cui abbiamo appena parlato. Tuttavia con la legge di Bilancio e i provvedimenti che la sosterranno si potrebbe e forse dovrebbe provare a ottenere di più.










