avvocatoinprimafila il metodo apf

Perché Fca ed Elkann hanno bisogno della fusione con Renault

Non è dato sapere se e quanto John Elkann, nella duplice veste di imprenditore ed editore, sia intimamente portato a essere coinvolto in bolle mediatiche. Una cosa appare chiara: il 43enne presidente di Exor, Fca Group, Ferrari tiene alla famiglia.

In primis a quella degli azionisti delle aziende da lui presiedute tra i quali spiccano i super prolifici discendenti del fondatore della Fiat e la moglie Clara Boselli i quali sono, in massima parte, cedole-Exor-dipendenti. Il 2019 sarà ricordato per il ritorno al dividendo di Fca dopo un digiuno durato una decade e per quello, molto criticato, partorito dalla vendita di Magneti Marelli. Se la versione latina del merger of equals annunciata dal gruppo anglo-olandese Fca e il francese Renault verrà consumata, gli stessi azionisti faranno un’altra scorpacciata di dividendi. Dal costoso quartier generale bonsai di Londra, Fca ha diffuso un comunicato che recita: «Prima che l’operazione sia completata, per attenuare la disparità dei valori sul mercato azionario, gli azionisti di Fca riceverebbero anche un dividendo di 2,5 miliardi di euro. Inoltre, prima del completamento dell’operazione, sarebbero distribuite agli azionisti di Fca le azioni Comau oppure un dividendo aggiuntivo di 250 milioni di euro se lo spin-off di Comau non dovesse avere corso».

QUELLE MULTE A SEI ZERI DA EVITARE

Mentre gli azionisti di molte case automobilistiche avvertono diete se non digiuni perché vengono privilegiati investimenti in nuovi prodotti e tecnologie, Elkann continua a elargire euro generati da un costruttore che vanta un lungo elenco di marchi con la gamma di prodotti più vetusta. Ma c’è di più: è costretto a pagare centinaia di milioni di euro alla casa automobilistica americana Tesla per evitare di ricevere delle multe a sei zeri per la violazione delle nuove norme sulle emissioni nell’Unione europea.

La merger of equals ora all’esame degli amministratori del Groupe Renault rappresenta finalmente la realizzazione di un sogno accarezzato da Umberto Agnelli fin dal 1973 e sempre osteggiato dal fratello Gianni? Chi lo ha conosciuto bene sostiene che Umberto rimase molto colpito da un libro scritto da Emma Rothschild col titolo Paradise Lost: The Decline of the Auto-Industrial Age. L’allora 25enne nipote di Lord Victor Rothschild, imparentato con la celebre famiglia di banchieri, decretò un futuro molto sconnesso per l’industria dell’auto nei Paesi sviluppati. Si badi bene, il saggio uscì alla vigilia della prima crisi petrolifera. Una decade dopo, Umberto trovò ulteriore conforto nella sua idea di abbandonare l’auto quando dal Mit (Massachusetts Institute of Technology) arrivarono le risultanze di uno studio su The Future of the Automobile. Ma Gianni Agnelli non voleva confermare il detto «la prima generazione crea, la seconda mantiene, la terza distrugge».

UNA FUSIONE CHE CELEBRA LA BRAVURA DI MARCHIONNE

Per bisogno e disperazione, John Elkann, al di là del copione cui si deve attenere, cioè ripetere a pappagallo che la famiglia Agnelli e Fiat sono una cosa sola, si dice abbia un approccio laico. Non bisogna poi sottovalutare che il più importante e costoso investimento nel quale ha trascinato Exor, ovvero l’acquisto della società di riassicurazione PartnerRe, è avaro di soddisfazioni. Una volta distribuiti i dividendi ventilati nella lettera al Groupe Renault, si possono finalmente prendere le distanze dall’auto. Con il plauso dei clan che si raccolgono sotto Exor che da decenni tifano per l’abbandono delle quattro ruote.

La proposta fusione di Fca con Renault celebra la bravura di Sergio Marchionne mentre sancisce il fallimento della sua troppo lunga permanenza al vertice. John Elkann si può presentare al tavolo di un negoziato perché i conti di Fca sono formalmente a posto come sostengono le agenzie di rating. Marchionne uomo di finanza è stato inimitabile. Elkann si deve presentare al tavolo del negoziato perché il gruppo da lui presieduto per molti anni ha fallito gran parte degli obiettivi che il suo Ceo aveva sbandierato nella lunga serie di piani industriali presentati da ambo i lati dell’Atlantico. Compreso quello clamoroso dei 7 milioni di veicoli che dovevano essere venduti a fine 2018. Target impossibile anche perché i veicoli nuovi lanciati sotto la gestione di Marchionne saranno ricordati o come fallimenti (per esempio Dodge Dart, Chrysler 200, Viper) o perché non hanno sottratto vendite alla concorrenza. Inoltre, i mercati internazionali non riconoscono a Jeep, Alfa Romeo e Maserati lo status di marchi premium.

UNO DEI DUE PARTNER DEVE ACCETTARE LA GUIDA DELL’ALTRO

Una delle domande clou è: può funzionare una fusione 50-50? Sì, se il vertice di uno dei due partner riconosce la guida all’altro e non accetta deroghe. Chi fu coinvolto nella cosiddetta “alleanza Fiat-Gm” racconta che al Lingotto non c’era unità d’intenti. Naturalmente il presidente Paolo Fresco avrebbe voluto che quella che, di fatto, era una vendita differita di Fiat a Gm (differita a dopo la scomparsa di Gianni Agnelli) fosse un successo. Ma era una voce isolata. Fca e Renault escono da esperienze molto simili avendo entrambi avuto amministratori delegati supereroi, accentratori che si sono circondati da collaboratori sostanzialmente mediocri. Prova ne sia che difficilmente aziende concorrenti o leader in altri campi hanno assunto alti dirigenti di Fca e Renault. Sarà interessante vedere come John Elkann, che non ha mai gestito un’azienda, si comporterà.

Fonte

Exit mobile version