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Perché il concorrente più pericoloso di Netflix è un videogioco: Fortnite

Perché il concorrente più pericoloso di Netflix è un videogioco: Fortnite

 (Afp)

  Fortnite

Amazon? Sì, forse. Hulu? “Inesistente” fuori dagli Stati Uniti. Secondo Netflix il vero concorrente è Fortnite. Sì, il videogioco. La piattaforma di streaming ha diffuso i dati (singhiozzanti) del quarto trimestre. Ma, scorrendo oltre il bilancio, una delle cose più interessanti della lettera agli azionisti è l’idea (molto allargata) di competizione.

Il bene più prezioso è il tempo

Netflix è il leader indiscusso tra le piattaforme che trasmettono in streaming serie tv e film. Il settore è sempre più affollato e sempre più lo diventerà: ci sono già Amazon, Hbo e Hulu. Arriverà presto Disney, probabilmente Apple. Ma Netflix sembra avere altre preoccupazioni e altri avversari: i videogiochi e YouTube.

“Competiamo con Fortnite più che con Hbo”, scrive Netflix. “Quando YouTube non è stato raggiungibile per alcuni minuti a livello globale, lo scorso ottobre, le nostre visualizzazioni e le iscrizioni sono aumentate. Per quanto riguarda il tempo di visione, Hulu è molto piccolo rispetto a YouTube. Ha successo negli Stati Uniti ma è inesistente in Canada, mentre la nostra penetrazione è simile in entrambi i Paesi”.

“L’attenzione non è su Disney, Amazon o altri”, spiega Netflix, ma su tutte “le altre attività che fanno trascorrere tempo davanti a uno schermo”. In questo scenario, l’unica cosa che la piattaforma può fare è investire “sulla qualità dell’esperienza che offriamo”. Cioè contenuti originali ed evoluzione tecnologica. I toni non sono gentili nei confronti di Hbo e Hulu, ma le dichiarazioni non sono poi così muscolari. Anzi. In questa visione ampliata della concorrenza, gli avversari non sono più pochi e più piccoli ma, come dice Netflix, “migliaia”. Perché l’obiettivo non è conquistare una quota di mercato tra servizi simili (le altre piattaforme di streaming) ma una risorsa aperta a chiunque fornisca contenuti su un display: il tempo degli utenti.

I numeri del bilancio

La trimestrale è stata contrastata: utile in calo (come previsto), fatturato in crescita ma leggermente sotto le stime e previsioni un po’ opache per il trimestre in corso. Le buone notizie però arrivano dagli utenti, che aumentano. Il fatturato è stato di 4,19 miliardi, in crescita del 27,4% anno su anno ma leggermente sotto le stime di Wall Street (4,21 miliardi).

L’utile netto (134 milioni di dollari) ha invece superato le attese ma fatto segnare un deciso calo rispetto al trimestre precedente (-66%) e al quarto periodo del 2017 (-28%). Il dato pesa, perché dà un’idea di quanta pressione possano esercitare la dispendiosa produzione di contenuti originali. Costi che si riflettono anche sul flusso di cassa: nell’ultimo trimestre Netflix ha bruciato 1,3 miliardi e nell’intero anno 3. A penalizzare il titolo, però, ci sono le prospettive del primo trimestre 2019: utile per azioni di 56 centesimi e fatturato a 4,49 biliardi, contro stime di 82 centesimi e 4,61 miliardi.

Margini in cerca di stabilità

La piattaforma lo aveva anticipato lo scorso ottobre: i margini caleranno parecchio. Il margine operativo della scorsa trimestrale era arrivato al 12%, ben oltre le aspettative degli analisti e le prospettive della stessa Netflix. Che, però, anziché evidenziare il dato positivi, aveva avvertito: non è tanto legato a più incassi o a una maggiore efficienza ma a uno slittamento delle spese.

Netflix non aveva ancora aperto il portafogli per la produzione di alcune serie tv e film e avrebbe dovuto farlo tra quarto trimestre 2018 e primo del 2019. E così è stato. Ecco perché il margine operativo si è assottigliato parecchio rispetto a qualche mese fa (al 5,2%). Colpa “dei molti titoli lanciati nel trimestre”. Dovrebbe riprendersi tra gennaio e marzo, toccando l’8,9%: sarebbe uno degli effetti dell’aumento dei prezzi negli Stati Uniti, annunciato da Netflix alla vigilia della trimestrale.

Utenti: il punto di forza

Il dato migliore è quello che riguarda gli utenti: 8,8 milioni di nuovi abbonati (meglio del previsto), con un incremento di 1,5 milioni negli Stati Uniti e di 7,3 milioni all’estero. In un anno, Netflix ha guadagnato 29 milioni di utenti e adesso ne conta 139 milioni. Il numero di nuovi iscritti è sempre importante, ma lo è soprattutto in questo periodo: l’annuncio del rincaro aveva bisogno di una “rete di protezione”. Che nel caso di Netflix non poteva che essere la prospettiva di un pubblico in aumento. La piattaforma potrà verificare gli effetti del ritocco dei prezzi sugli abbonati statunitensi nel trimestre in corso.

Quindi occhi puntati su questo dato anche nel primo periodo del 2019. Sarà un’importante prova di tenuta su un fattore fondamentale anche se non iscritto a bilancio: la fedeltà degli abbonati. Tradotto: quanto sono disposti a spendere per guardare film e serie tv.

Mercato internazionale: il serbatoio da sfruttare

Da diversi trimestri, Netflix cresce molto di più all’estero che in casa propria. È normale: il mercato Usa è più saturo e meno ampio rispetto al resto del mondo. La platea internazionale pesa già molto di più in termini di utenti (80,7 milioni contro 58,5 milioni) ma non abbastanza sul fatturato (poco più del 50%).

Questo significa che Netflix guadagna molto, ma molto di più da un utente americano che da uno internazionale (il margine è vicino al 30% nel primo caso e al 4% nel secondo). Si deve a diversi fattori. Primo: entrare in un mercato costa. È poi molto probabile che negli Stati Uniti siano più diffusi gli abbonamenti meno economici.

Va poi ricordato che l’esordio in mercati nuovi passa dalle prove gratuite (nell’ultimo trimestre 7,1 milioni all’estero e 2 negli Usa), dalle quali Netflix non incassa nulla. Tra gennaio e marzo, la distanza in termini di margini dovrebbe mantenersi costante. Perché la platea internazionale crescerà molto e inizierà a pagare con più costanza, ma quella statunitense subirà il rincaro degli abbonamenti. Nel prossimo futuro, molto dipenderà dal tempismo di Netflix sul mercato internazionale: ritoccherà i prezzi per iniziare a trasformare le potenzialità inespresse in cassa, ma dovrà farlo al momento giusto per evitare di frenare il ritmo dei nuovi abbonamenti.

Il sistema operativo per serie interattive

Il 28 dicembre Netflix ha pubblicato “Black Mirror: Bandersnatch”, il suo primo film interattivo: consente agli spettatori di prendere decisioni al posto del protagonista e indirizzare la storia. È solo il primo esperimento di tanti che seguiranno. Per Bandersnatch, scrive Netflix, “abbiamo creato migliaia di percorsi diversi, inclusi molti finali.

Questo livello di complessità ha reso necessaria la creazione di un sistema per rendere gestibile la narrazione”. Netflix lo ha battezzato “Branch Manager”. È in sostanza un’impalcatura tecnologica e creativa che ha supportato lo sceneggiatore del film. È lo scheletro sul quale far nascere molte altre serie: “Useremo il Branch Manager per costruire ulteriori progetti interattivi in futuro”, afferma la compagnia.

“Abbiamo la sensazione – ha aggiunto nella conferenza con gli analisti il capo dei contenuti Ted Sarandos – che funzioni su tutti i tipi di narrazione”. Sarandos ha sottolineato come il film non abbia solo generato l’entusiasmo del pubblico ma anche, ma anche di sceneggiatori e registi, che “sbavano per un’opportunità come questa”.

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