Il governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco (foto Ansa)
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È più complicato del cubo di Rubik il rompicapo che Christine Lagarde dovrà cercare di risolvere dal primo novembre prossimo, al momento del suo insediamento sul ponte di comando della Bce. L’enigma si chiama deflazione.
Se qualcuno avesse dei dubbi sul fatto che la debolezza della congiuntura continui a premere sui prezzi, con un rischio crescente che il rallentamento della crescita in tutta Eurolandia finisca con il piegare verso il basso anche le attese sui prezzi di lungo termine degli operatori economici, può utilmente consultare l’ultimo Bollettino economico di Bankitalia. A partire dal 2015 le aspettative sui prezzi a lunga scadenza nell’Eurozona erano risalite, ma nel corso del 2019 si sono ridotte, afferma la banca centrale italiana.
Alla fine dello scorso agosto le aspettative a cinque anni si collocavano all’1,3%, quattro decimi di punto in meno rispetto al mese di giugno del 2018. Non basta: dalla metà del 2018 la probabilità che l’inflazione resti al di sotto dell’1,5% nella media dei cinque anni successivi, così come si può desumere dai prezzi delle opzioni, è aumentata di 20 punti percentuali, portandosi al 78 per cento. E si tratta di una dinamica che è confermata anche dai sondaggi fra i previsori professionali, che sull’orizzonte dei prossimi cinque anni vedono un’inflazione all’1,6 per cento.
Possiamo quindi discutere sugli strumenti da adottare per battere la deflazione; ma non sull’obiettivo, dice il governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco. Il numero uno di via Nazionale, a margine degli incontri del Fondo Monetario a Washington, ha fatto capire che, personalmente, si guarderà bene dal consigliare a Lagarde di proseguire lungo la strada dei tassi negativi, perché c’è il rischio di un’eterogenesi dei fini: le banche, con profitti troppo compressi, potrebbero reagire generando una stretta creditizia sull’economia; stretta, della quale certo non si sente il bisogno, visto che lo scopo implicito di questa sorta di “supplenza” della politica monetaria rispetto a una politica di bilancio nord-europea troppo avara è offrire un sostegno alla domanda.
Ma, complessivamente, la scelta di fare tutto il possibile per evitare il disancoraggio delle attese inflazionistiche dall’obiettivo del close-to 2 per cent è una scelta appropriata. Ed è stato opportuno, in particolare, anche quel Quantitative easing per il quale non è affatto il caso di scandalizzarsi, visto che le operazioni di mercato aperto fanno da sempre parte della cassetta degli strumenti dei banchieri centrali. Se le cose continueranno ad andare male, dice insomma Visco, la politica monetaria continuerà a rimanere così com’è adesso, con un’intonazione altamente espansiva.