Crolla l’occupazione del settore: -21mila posti di lavoro in Toscana tra lavoratori stagionali, part time e apprendisti; -243mila a livello nazionale. Ma se la percentuale media della contrazione in Italia è del 25,8%, in Toscana tocca il 27,6. A pagare il conto più salato della crisi giovani e donne.
Crolla l’occupazione nei pubblici esercizi, in Toscana più che nelle altre regioni italiane. È quanto emerge dall’indagine condotta dal Centro studi di Fipe-Confcommercio, la federazione dei pubblici esercizi italiani, sui dati Inps relativi ai livelli occupazionali del 2020.
Bar, ristoranti, discoteche e imprese di catering e banqueting hanno perso 21mila occupati in Toscana rispetto al 2019, quando erano a quota 70mila. E ne hanno persi 243mila in Italia, che ne aveva un milione nel 2019. Ma a pagare il dazio più alto sono state le regioni del Centro Italia, Toscana e Lazio in testa, dove gli occupati sono scesi del 27,6%, seguite a ruota dalle regioni del Nord Ovest, dove il crollo si è fermato mediamente al 25,8%.
A sparire sono stati principalmente cuochi, camerieri e barman. “Non parliamo ovviamente di lavoratori dipendenti a tempo indeterminato, che anche nei casi più gravi di crollo dei fatturati aziendali non hanno ancora perso il posto grazie alla tutela della cassa integrazione”, spiega il direttore di Confcommercio Toscana Franco Marinoni, “parliamo però di lavoratori a tempo determinato, di stagionali che non sono stati assunti e di almeno 20mila apprendisti a livello nazionale. Finché resta il blocco dei licenziamenti, è su queste categorie di occupati che si scarica il peso della crisi. Dopo, travolgerà tutti perché le imprese sono stremate e non ce la faranno a mantenere gli attuali livelli occupazionali”.
Ed è proprio questa consapevolezza ad aver spinto Confcommercio Toscana a dichiarare da ieri, lunedì 15 marzo 2021, lo stato di mobilitazione permanente: “gli effetti sociali di questa crisi pandemica saranno devastanti, ma molti non sembrano ancora averlo capito bene. Per questo vogliamo amplificare il grido di allarme dei nostri imprenditori in tutti i modi possibili e in tutte le sedi appropriate”, ribadisce Marinoni.
“Dopo un anno di sacrifici enormi – tra chiusure, restrizioni e investimenti per la sicurezza – ci ritroviamo peggio di prima”, commenta amaro il presidente di Fipe-Confcommercio Toscana Aldo Cursano, “ci hanno costretti alla chiusura come fossimo untori, ma a livello di contagi ci ritroviamo punto e a capo. È evidente che il problema sta nella gestione dell’emergenza sanitaria ed è lì che va risolto, perché le nostre aziende non possono fare più di quello che stanno già facendo”.
“Non è più accettabile”, prosegue Cursano, che di Fipe è anche vicepresidente vicario nazionale, “vedere una società divisa tra chi ha il diritto di lavorare e chi invece ha solo il dovere di stare chiuso e assistere da testimone impotente al fallimento della propria azienda, che è poi un progetto di vita, una fonte di occupazione per tante persone, una risorsa per le nostre città. E insieme a noi stanno soffrendo i nostri dipendenti, anche quelli stagionali. In un settore come quello dei pubblici esercizi, che conosce picchi di attività in certi periodi dell’anno, l’impiego stagionale non è un “lavoretto” per passare il tempo: sei stagionali su dieci sono occupati a tempo pieno, sono preparati e professionali, una risorsa preziosa per le nostre imprese”.
Secondo lo studio di Fipe-Confcommercio, a pagare il conto più salato della crisi dei pubblici esercizi in Italia sono i giovani: 7 su 10 di coloro che hanno perso il lavoro hanno meno di 40 anni. In termini assoluti, la contrazione maggiore ha interessato ristoranti (-25,2%) e bar (-26,2%), mentre in termini relativi il settore più penalizzato è quello delle discoteche con una flessione dell’occupazione dipendente di 3mila unità, pari al 57,4%.