L’economia della Lombardia nel 2022 ha continuato a crescere a un ritmo sostenuto, superiore a quello dell’Italia, beneficiando del forte incremento dell’attività nel settore delle costruzioni e della ripresa in quello dei servizi. Ma attenzione alla facile euforia, pesano la stagnazione dell’Europa e i pluridecennali problemi – dal debito pubblico, alla giustizia lenta, alla carenza di riforme – che affliggono il Paese.
Sono i due punti di vista, complementari, espressi da Giorgio Gobbi Direttore della Sede di Milano della Banca d’Italia e da Federico Signorini, Direttore generale dell’Istituto alla presentazione del rapporto sull’economia della Lombardia nel 2002. Paola Rossi e Massimiliano Rigon della Banca d’Italia sede di Milano hanno presentato il Rapporto; sono intervenuti Giuseppe Notarnicola Presidente STMicroelectronics Italia ed Elena Beccalli Preside Facoltà Scienze Bancarie, Finanziarie e Assicurative Università Cattolica.
Nel 2022 nell’industria è proseguita l’espansione della produzione (6,3 per cento rispetto al 2021) e del fatturato a prezzi costanti (2,5 per cento), ma per il 2023 è attesa una contenuta diminuzione delle vendite. Come si legge nel rapporto, l’inflazione in Lombardia è passata dal 4,1 per cento nel mese di gennaio del 2022 all’11 per cento in dicembre; è scesa al 7,5 per cento a marzo 2023, riflettendo il calo dei prezzi energetici.
Secondo Gobbi, uno dei punti di forza dell’economia lombarda è nell’essere molto aperta al commercio internazionale e a quanto succede nel resto del mondo; dove, peraltro, le cose non sono andate molto bene. Questi riflessi potranno avere conseguenze negative per le imprese lombarde anche perchè la più importante economia dell’area dell’euro, la Germania, è attualmente in recessione tecnica . A prescindere da questo aspetto, l’economia tedesca non sta crescendo e parte del sistema produttivo lombardo è fortemente intrecciata con l’economia tedesca. Inoltre, abbiamo un’inflazione ancora elevata che riduce il potere d’acquisto per le famiglie. E questo, soprattutto per i settori che producono una domanda interna, potrebbe avere qualche riflesso negativo. In generale, l’incertezza spinge diverse imprese a riconsiderare i piani d’investimento. Nel contesto odierno, il problema è l’inflazione e le decisioni della Bce vengono prese sulla base dei dati dell’inflazione. Infatti, “siamo passati da un decennio in cui i tassi d’interesse erano scomparsi a un decennio in cui sono riapparsi, forse troppo rapidamente.
L’Italia – ha affermato Signorini concludendo i lavori – non ha ancora raggiunto il PIL per abitante raggiunto prima della crisi finanziaria globale del 2008-09”. Con le chiusure del periodo dell’emergenza sanitaria, erano stati forti i timori che il sistema delle imprese non potesse reggere allo shock e che il potenziale di crescita si indebolisse ancora. Nel 2020 non pochi si erano convinti che senza un pervasivo intervento dello Stato nelle imprese non ci fosse futuro per il sistema produttivo. Le prospettive per il 2021 erano favorevoli perché gli investimenti crescevano, la congiuntura stava accelerando, anche grazie alle generose politiche monetarie e di bilancio adottate temporaneamente per alleviare le conseguenze della crisi pandemica. Tuttavia non bastava. Rimanevano aperti vecchi problemi strutturali, cento volte richiamati negli interventi della Banca d’Italia, che bisognava affrontare. E’ necessario mettere l’economia italiana su un sentiero di crescita soddisfacente per il futuro e il Pnrr può essere l’occasione.