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Recovery Fund: per l’Italia occasione storica di fare importanti riforme

Dall’Europa si’ al Recovery Fund ma ora e’ battaglia sugli aiuti

L’Italia potrà beneficiarne in misura rilevante (si ipotizza attorno agli 80 miliardi), ma il vincolo di destinazione è chiaro. Non una politica economica basata su iniezioni di spesa pubblica “a prescindere”, ma interventi diretti al sostegno dell’economia nella difficile transizione tra il lockdown e la ripartenza

20 maggio 2020


3′ di lettura

Un mix tra sovvenzioni, crediti agevolati e prestiti di lunga durata, diretti in particolare ai paesi più colpiti dalla pandemia. Il meccanismo contenuto nella proposta messa a punto da Emmanuel Macron e Angela Merkel (un fondo europeo per la ripresa da 500 miliardi) è tale da configurarsi (Olanda, Austria, Danimarca e Svezia permettendo) come uno strumento potenzialmente di notevole portata anche dal punto di vista del segnale: per la prima volta in modo concreto verrebbe attivato uno strumento comune che dovrebbe assumere le vesti di un bond a lungo termine emesso dalla Commissione e di fatto collegato al bilancio europeo.

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Risorse che non dovrebbero essere “parametrate” alla quota che i singoli paesi versano al budget europeo, anche se da questo punto vista occorrerà verificare con attenzione il testo definitivo del Recovery Fund. Si tratta in ogni caso di passo concreto verso la definizione del più complessivo Piano che la presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen presenterà il prossimo 27 maggio, in aggiunta al volume di fuoco già attivato a vario titolo (dal fondo Sure da 100 miliardi ai 200 miliardi di finanziamenti potenzialmente attivabili dalla Bei e ai 240 miliardi del Mes, oltre naturalmente ai 750 miliardi messi in campo dalla Bce). Nel totale, stando a quanto hanno ribadito sia la stessa Von der Leyen che il vice presidente esecutivo della Commissione, Valdis Dombrovskis il “Recovery Fund” metterà in moto un volume di risorse per circa 1.000 miliardi.

Dal Piano per la ripresa un incentivo alle riforme
Gli aiuti – stando all’intesa raggiunta tra Macron e Merkel, e che sarà ora articolata nel dettaglio all’interno del documento finale da sottoporre in giugno al via libera del Consiglio Ue – saranno basati «su un chiaro impegno degli Stati membri ad applicare politiche economiche sane e un’ambiziosa agenda di riforme». L’Italia potrà beneficiarne in misura rilevante (si ipotizza attorno agli 80 miliardi), ma il vincolo di destinazione è chiaro. Non una politica economica basata su iniezioni di spesa pubblica “a prescindere”, ma interventi diretti al sostegno dell’economia nella difficile transizione tra il lockdown e la ripartenza. Il riferimento all’ambiziosa agenda di riforme lascia intendere che le nuove risorse provenienti da Bruxelles dovranno iscriversi in un programma di importanti interventi strutturali, con effetti sul potenziale di crescita dell’economia nel medio periodo. Nel caso dell’Italia, in primo piano è il tema delle semplificazioni amministrative (oggetto del prossimo decreto cui sta lavorando il Governo), dello snellimento della giustizia civile, ma anche il più complessivo progetto di riordino del prelievo fiscale cui il governo stava già lavorando prima dell’esplodere della pandemia (era atteso un ddl delega entro fine aprile), ma poi tutto è stato travolto dall’emergenza. Osservato da questo angolo visuale, il nuovo “Recovery fund” può rappresentare dunque per il nostro paese un’occasione propizia per accelerare l’iter di approvazione di una serie di riforme assolutamente necessarie e prioritarie e che in quanto tali dovrebbero poter contare sul più ampio consenso in sede politica e parlamentare (ma la fine della “tregua” tra maggioranza e opposizione imposta dall’emergenza non apre grandi spiragli in direzione di misure ampie e condivise).

Va recuperata in fretta la perduta produttività
Già prima dell’esplodere della pandemia l’economia italiana era alle prese con un problema di bassa produttività, e il tasso di crescita medio del Pil era da anni (e anche nella fase anteriore alla crisi finanziaria del 2008) attestato su percentuali molto lontane dal potenziale livello di tutti i fattori produttivi. Un gap che va colmato rapidamente proprio cogliendo l’occasione della ripresa che andrà sostenuta non appena sarà cessata l’emergenza. È la strada maestra per cominciare nel periodo post/Covid ad avviare il debito pubblico su una traiettoria di lenta ma costante discesa.

La partita della Germania e quella dell’Italia
Se nel ritrovato asse tra Parigi e Berlino, il ruolo di “portavoce” delle istanze dei paesi del sud-Europa l’ha assunto Macron, di certo non si può negare che Angela Merkel stia giocando un partita politica di notevole peso in previsione del semestre di presidenza tedesca della Ue che partirà il 1° luglio. Naturalmente occorrerà verificare nel dettaglio il dispositivo finale del “Piano per la ripresa”, e non è detto che si riesca a superare le obiezioni dei paesi tuttora contrari. L’Italia può e deve entrare a pieno titolo nella partita, a patto di presentarsi al confronto con i partner europei con una linea definita e omogenea su tutti gli strumenti di cui si può disporre oggi, Mes compreso. E anche in questo caso entrano in scena le riforme, le uniche in grado di prospettare un percorso non solo di uscita dalla crisi ma di pieno e sostenuto sviluppo negli anni a venire.

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