(ANSA) – MILANO, 04 SET – Il Next Generation EU non è solo “un mero supporto alla ripartenza” sia per le tempistiche (gli
effetti inizieranno a manifestarsi dal 2022) che per il disegno
complessivo che ne fanno “uno strumento, a tutti gli effetti, di
politica industriale”. Ma quello italiano non sembra avere la
giusta lungimiranza. Dall’Osservatorio Next Generation Europe
presentato nella seconda giornata di lavori al Forum Ambrosetti,
che compara i piani dei diversi Stati, emerge che l’Italia non è
tra i Paesi più capaci di scaricare a terra le risorse, come
invece appaiono Portogallo, Belgio e Lussemburgo. Sotto la media
anche Francia e Spagna.
Gli impatti sono diversi, come diversi sono i fondi
richiesti, ma “data la dimensione del finanziamento RRF in
rapporto al PIL, quanto sarà l’impatto atteso” è la correlazione
che va a indagare l’Osservatorio e in un grafico presenta la correlazione fra fondi ricevuti (in
percentuale al PIL) e impatto economico al 2026 (inteso come
differenziale rispetto allo scenario baseline).
“Ci sono alcuni Piani Nazionali che la Commissione Europea
ipotizza avere un (leggermente) minore potenziale di
attivazione, fra cui quello italiano. La medesima analisi può
essere svolta considerando gli impatti occupazionali. Anche in
questo caso i valori (presentati come rapporto fra occupazione
addizionale al 2026 e occupati nel 2020) sono molto eterogenei e
riflettono le dimensioni relative dei Piani Nazionali”.
L’analisi di correlazione, nuovamente, evidenzia Paesi più
capaci di “scaricare a terra” le risorse e Paesi meno capaci di
attivare, proporzionalmente, più occupazione, tra cui l’Italia.
(ANSA).
Fonte Ansa.it